Ha la copertina a quadretti rossi, lo stesso che
ha visto il giorno prima nella libreria a pochi passi da casa sua. Da quel
momento diventa un compagno inseparabile, cui confidare tutto e attraverso il
quale si rivolge a un'amica immaginaria, chiamandola «Kitty». Vittima insieme
alla sua famiglia, in quanto ebrei, della persecuzione nazista posta
in atto ad Amsterdam, la ragazzina non può più frequentare la scuola e la sua
quotidianità scorre tra le mura dell'abitazione prima e dell'alloggio segreto
poi.
Per questo tutta la sua attenzione si volge a
quelle pagine bianche da riempire con le vicende della sua famiglia, i ricordi
legati ai compagni di scuola, il suo primo amore e il vissuto di due anni di
segregazione tra paure e speranze. Il suo racconto s’interrompe nell’agosto del
1944, quando la sua famiglia viene arrestata e portata nel campo di
concentramento di Auschwitz e di qui a quello di Bergen
Belsen.
Suo padre Otto, unico sopravvissuto,
pubblica successivamente il diario, che diventa in poco tempo uno dei documenti
più struggenti dell'Olocausto del popolo ebraico. Da esso si evincono le
qualità compositive della giovane che in un passo significativo confessa le sue
aspirazioni di scrittrice: «Sarò mai capace di scrivere qualcosa di
importante, lo spero proprio, perché scrivendo posso confidare alla carta tutti
i miei pensieri, i miei ideali, i miei sogni». Questa frase è oggi
leggibile sul muro della scuola frequentata da Anna.
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