La nostra specie si distingue dalle altre soprattutto
per la quantità e la qualità dei sentimenti. Non è colpa né merito nostro se ne
abbiamo alcuni molto positivi o perlomeno giudicati tali da noi e dagli altri,
oppure negativi, in questo caso giudicati da chi ci conosce e non ci apprezza.
Un elenco è utile averlo in mente, significa conoscere il meglio possibile il
mondo nel quale viviamo. Ci sono: l’amore, la simpatia, l’amicizia, l’odio, la
rabbia, l’ira, la curiosità, il coraggio, la paura, la timidezza. Potrei
continuare a lungo e spesso ne ho parlato negli articoli e soprattutto nei
libri e nei romanzi che ho scritto nel corso della mia lunga esistenza. Tra i
vari sentimenti ce n’è uno molto particolare e piuttosto difficile da decifrare
anche perché si chiama in due modi: la melancolia o melanconia. Hanno
significati particolarmente diversi: la melancolia è una malattia nervosa, che
i neurologi curano sia con appositi medicinali e sia con una cura settimanale
di carattere psicologico. La melancolia fu tra l’altro una specialità medica
con la quale Fred cominciò la sua attività. Uno degli strumenti usato da quello
che fondò di fatto la scienza psicologica, fu proprio la melancolia, per la
quale Fred addormentava i suoi pazienti e parlava con essi il cui sonno era di
carattere del tutto particolare, nel senso che sentivano in qualche modo ciò
che il loro medico diceva, non erano in grado di rispondere ma le parole del
medico le percepivano e ne subivano gli effetti benefici. La cura di questo
genere durava inevitabilmente a lungo, per alcuni mesi e a volte era
addirittura permanente perché aiutava quella persona a vivere nel modo più
normale possibile, ma non riusciva a guarirla. Col tempo poi Freud cambiò e
diventò il fondatore dell’inconscio, di fatto un medico filosofo e un
caposcuola che diffuse questa cura in una società nella quale i malati di
melancolia erano molto aumentati: la vita moderna è il bacillo che porta con sé
la malattia. La malinconia è un sentimento del tutto diverso: non è una
malattia ma un aspetto del carattere. Non è molto diffusa come elemento
caratteriale permanente. In alcuni casi lo è, ma nella maggior parte la
malinconia si fa sentire in alcune circostanze ma poi scompare per molto tempo.
Può riaffiorare perché è un fenomeno a volte interiore; altre volte invece si è
malinconici per eventi esterni che ti sono accaduti e provocano elementi
connessi con la tua vita.
Talvolta ci sono tipi di
malinconia che suscitano sentimenti poetici: i poeti sono spesso malinconici:
lo era Saffo, lo furono tutti i poeti dello Stil Novo, a cominciare da Guido
Cavalcanti e lo furono perfino Dante e Shakespeare. Non faccio l’elenco della
poesia dominata da sentimenti malinconici perché sono una quantità innumerevole
e in tutte le epoche. Desidero soltanto fare i nomi di Edgar Allan Poe e
Federico Garcia Lorca. Ho raccontato in uno dei miei libri che la malinconia ha
influito spesse volte sulla mia vita, quando ero molto giovane, tra i diciotto
e i venticinque anni. Poi scomparve ma avendo ben conosciuto quei sentimenti e
comportamenti che ne derivavano, utilizzai questa conoscenza personale quando
scrissi dei romanzi e creai dei personaggi attraverso i quali rievocavo la mia
gioventù o perlomeno un aspetto di essa. Ho parlato di alcuni grandi poeti uno dei quali è stato Gabriel
D’Annunzio fu malinconico nella sua vita che fu molto complessa e, non soltanto
come poeta, non sembra dimostrare una malinconia innata e permanente. Ci sono
tuttavia una serie di poesie che sono le più belle che abbia scritto, nelle
quali la malinconia è il sentimento dominante. Tra queste nell’Acyone l’ode
molto ampia e molto intrisa di malinconia è titolata “’oleandro” dove, insieme
a un gruppo di donne e uomini reciprocamente legati da sentimenti amorosi e da
desideri sessuali, è addirittura presente fisicamente il personaggio della
Malinconia la quale assiste senza mai parlare a tutte le vicende contenute in
quella sorta di poema che ha nel suo centro il rapimento di Daine da parte del
dio Apollo. La Malinconia assiste silenziosa a quanto avviene intorno a lei e
quando quel poemetto si chiude e tutti se ne vanno e di fronte al mare rimane
soltanto Lei, la malinconia.
“Oblia la Notte tutte le sue stelle
Che con lei piangeremo ella non sa.
Il grido dell’allodola domani
dall’amor nostro ci disgiungerà.
Un’altra era con noi ma restò muta
tra gli oleandri lungo il bianco mare”.
Inutile dire che un grandissimo poeta dominato dalla
malinconia è Giacomo Leopardi. Voi che mi state leggendo sapete benissimo,
credo, che cos’è la malinconia. Debbo dire che un carattere completo lo è
soltanto se la malinconia l’ha conosciuta anche se poi i più delle volte è
rimasta “muta e sola con il bianco mare”.
Eugenio Scalfari – Il vetro soffiato – L’Espresso – 24 marzo
2019 -
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