“N”on importa quanto sia complicato il
futuro, noi siamo l’Italia, e siamo orgogliosi dei nostri soldati”, dice Renzi
a ridosso del Natale, parlando ai ”caschi blu” italiani dell’Unifil, forza di
interposizione dell’Onu nel sud del Libano al confine con Israele. Quanto sia
complicato il futuro, in effetti, a voler esser leggeri, poco importerebbe in
assoluto. Ciononostante, la motivazione principale addotta dal Premier per
affrontare le incognite con coraggio e spensieratezza festiva, quel vantato
“essere l’Italia”, a conti fatti e in virtù dei futuri appena superati, un po’
di pessimismo potrebbe provocarlo. Ma se non si rimane ottimisti a ridosso del
Capodanno, nel momento cioè in cui i propositi non ottemperati vengono
rottamati da quelli a venire, difficile nutrire speranze. E però,
oggettivamente, di buon umore ce ne vuole tanto per farsi trascinare
dall’ottimismo di un Premier che per parlare ai soldati si veste da soldato,
con una mimetica extralarge a dare robustezza visiva a contenuti che, dati i
tempi, inevitabilmente tranquillizzanti non sono. Sorvolando sull’opportunità
di mascherarsi a seconda della circostanza (Ah! quanta satira e opinionistica
fu prodotta dal Berlusconi transformer!), quel che ha fin qui fatto buon agio
al nostro Paese in questi tempi delicati è stata la cautela. Al di là
dell’infinita simbologia storicamente attribuibile ad ogni centimetro di suolo
italiaco, Il nostro rimanere ai margini di una vicenda sempre più grossa e sempre
più bellica è sembrato il modo più onesto per superare gli eventi.
Personalmente ho percepito l’attendismo italiano su interventismo e neutralismo
più come un’autodenuncia di consapevole inadeguatezza che come strategia
visionaria. Nelle ultime settimane però,
ho il timore che il petto del governo si stia pericolosamente gonfiando
in tal senso. Dall’annuncio di Renzi dello schieramento di soldati italiani a
difesa della diga di Mosul (poi smentito dal governo iracheno) al saluto del
Premier in mimetica alle forze armate già presenti in Libano (come in
Afghanistan) per missioni di peacekeeping, la voglia italiana di esserci, di
muovere fanti sullo scacchiere internazionale e di farlo sapere appare
crescente. La speranza è che in queste timide e improvvise mosse non siano la
premessa per un venir meno della voglia di diplomazia, dialogo e soprattutto i
tempi futuri, richiederanno al mondo e all’Italia. Insomma, Renzi ha pienamente
ragione a ricordare che “noi siamo l’Italia”. Motivi più convincenti per restare
cauti, all’alba del 2016, difficile vederne
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
31 Dicembre 2016 -
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