“E’ una situazione che ha raggiunto i
limiti dell’indecenza”. Un anno fa Raffaele Cantone fu il primo a lanciare
l’allarme sui fondi opachi trasferiti alla politica attraverso le fondazioni.
Con un’intervista a “l’Espresso” il presidente dell’Autorità nazionale
anticorruzione sottolineò il problema della carenza di controlli. Negli ultimi
mesi le indagini hanno poi evidenziato altri sospetti sui soldi passati
attraverso questi canali per finanziare l’attività dei partiti. Raffaele Cantone, ma da allora è cambiato qualcosa? “Non è cambiato nulla. Ma questo più
che un finanziamento ai partiti è un modo di sovvenzionare gruppi interni ai
partiti, quelle che un tempo si chiamavano correnti. Nel tempo le correnti si
sono organizzate in realtà di tipo associativo: questa scelta potrebbe essere
positiva, perché in qualche modo dà una struttura evidente alle correnti.
Quello che è assolutamente inaccettabile è l’assenza di una regolamentazione
che quanto meno adegui le fondazioni alle regole dei partiti politici. Fermo
restando che la riforma Letta sulla pubblicità ai partiti si è rivelata
inadeguata, perché il sistema delle verifiche è assolutamente ridicolo, ma
almeno ha introdotto un meccanismo di controllo. Sulle fondazioni invece c’è
totale anarchia. Viene previsto solo il controllo formale e generico delle
prefetture, che non hanno capacità di incidere sui bilanci: non si possono
conoscere entrate e uscite, non c’è trasparenza sui finanziatori. I conti delle
fondazioni possono essere fatti in modo semplicistico e semplificato senza
rendere noto come arrivano i soldi e come vengono spesi”.
Molte di queste fondazioni politiche sono semplici associazioni, che non
depositano neppure una minima documentazione. “Bisogna tenere presente che nel nostro Paese per
ragioni culturali queste realtà sono state un momento significativo della
libertà di associazione. Nel diritto civile sono previste le associazioni non
riconosciute, tutelate perché si tutela la libertà di associazione, che devono
avere una loro possibilità di operare.(..). Negli organi che gestiscono le
fondazioni politiche c’è poi una diffusa commistione tra centinaia di
imprenditori e di politici. E’ una confusione che può alimentare i conflitti di
interesse? “In sé è un aspetto deleterio. Che ci sia un legame nelle attività
delle fondazioni tra chi svolge politica attiva e chi si occupa di attività
economiche, imprenditoriali e professionali, non è un dato atipico delle
moderne democrazie. Anzi, avviene in tutte le democrazie occidentali. Il
problema è che i potenziali conflitti di interesse possono essere contrastati o
attenuati solo attraverso meccanismi di trasparenza. Se l’imprenditore Tizio
finanzia la fondazione del politico Caio e questo dato è noto, come avviene ad
esempio negli Usa, questo sterilizza il conflitto d’interessi perché quando si
discuterà di provvedimenti che riguardano l’imprenditore Tizio, direttamente o
indirettamente, tutti potranno rendersi conto dei legami. Quello che è grave è
l’assenza di pubblicità nel modo in cui le due situazioni si interfacciano
all’interno delle fondazioni.
Gianluca Di Feo – colloquio con Raffaele Cantone – Inchiesta I
soldi dei politici – L’Espresso 14-01-16
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