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venerdì 25 novembre 2016

Lo Sapevate Che: Non puoi correre più veloce della tua ombra...



Fu Nella Primavera del 1958, quando da poco aveva compiuto 18 anni, che Mildred Jeter scoprì di essere incinta. Mancavano ancora due anni all’approvazione della prima pillola anticoncezionale, l’Enovid, e comunque difficilmente una ragazza cresciuta nella Virginia povera, figlia di sangue misto africano e nativo, della tribù dei Rappahannock, avrebbe avuto accesso a un ginecologo e i soldi per comprarla, anche se fosse stata già disponibile in farmacia. Ma Mildred ebbe una consolazione, in quel momento di vertigine: l’uomo che l’aveva messa incinta e che si chiamava Loving, Richard Loving, l’amava davvero e si disse subito pronto a fare”la cosa giusta” in quel tempo: il matrimonio riparatore. C’era solo un piccolo problema. Richard era di razza bianca e nella Virginia del 1958 il matrimonio fra persone di razza diversa era proibito, un reato punibile con tre anni di reclusione. Una sentenza che aveva fatto giurisprudenza e che oggi si fatica a leggere aveva affermato che “Dio ha diviso l’umanità in razze diverse, bianchi, neri, rossi, gialli e bruni e le ha distribuite in continenti diversi per tenerle separate”. Dunque la Virginia, dimenticando di avere portato a forza africani che non avevano nessuna intenzione di mescolarsi ai bianchi, non poteva permettere di confondere quello che l’Onnipotente aveva  diviso. Per aggirare il divieto, Mildred e Richard attraversarono il fiume Potomac, che separa la Virginia dal Distretto di Columbia, la capitale Washington, dove la miscegenation, l’unione fra persone di razza diversa, era permesso e si sposarono davanti a un giudice di pace. Sposati, con il loro bel certificato di matrimonio messo in cornice, riattraversarono il fiume e andarono ad abitare e ad attendere la nascita del primo figlio nella casa di lui. E vissero felici e contenti. Per un anno, fino alla notte nella quale lo sceriffo e i suoi uomini buttarono giù la porta e fecero irruzione nella camera da letto sperando, come verrà detto al processo, di sorprenderli mentre “si accoppiavano”, il che avrebbe aggiunto reato al reato, visto che la legge per la conservazione della razza non soltanto proibiva il matrimonio, ma anche il sesso, avendo questo atto la sempre possibile conseguenza di produrre “mezzosangue”. A meno che la donna non fosse stata una schiava, ma questa era storia più vecchia e comunque gli schiavi e la loro prole erano oggetti, attrezzi, bestie da lavoro, non esseri umani e cittadini. I Loving furono arrestati in flagante delicto. dopo la soffiata di un vicino, perché comunque sorpresi a dormire nello stesso letto, davanti a una parete alla quale avevano appeso il certificato di matrimonio.  “Ah, ha!”, esclamò lo sceriffo, “ecco la prova del crimine”. Furono poi processati e condannati fino a quando la lettera che lui inviò al Ministero della giustizia Robert F. Kennedy spinse il governo a portare il caso davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Nella sentenza il Presidente della corte Thurgood Marshall, un afroamericano sposato con un’americana di origine Filippina, scrisse qualcosa che mezzo secolo più tardi risuonerà ancora nella lotta per le unioni fra omosessuali: Il matrimonio è uno dei diritti civili fondamentali dell’uomo e del cittadino”.  I Loving vinsero la loro battaglia, anche se si dovrà aspettare il 2000 perché l’ultimo Stato che ancora aveva nei propri libri una norma contro i matrimoni misti   che non poteva più applicare, si decidesse a cancellarla. Non vissero a lungo: nel 1968 un incidente stradale uccise Richard e ferì gravemente Mildred, che morirà qualche anno dopo, ancora relativamente giovane di polmonite. Ma la loro storia, raccontata per la terza volta dal cinema in un film uscito nell’ultimo weekend prima del voto dell’8 novembre per la Casa Bianca, è servita a riportare in un’America dilaniata da una campagna elettorale tossica, il balsamo di un bel ricordo. E di quanto difficile sia sfuggire all’ala del passato. Nessuno può mai correre più veloce della propria ombra.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica – 19 Novembre 2016 -

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