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lunedì 21 novembre 2016

Lo Sapevate Che: Un bambino che piange può salvare vite perdute...



Parcheggiata Davanti All’Emporio Dollar General di Hope, in Indiana, l’automobile grigia attirò la curiosità di una cliente. Fu qualcosa che il sole del mattino, sbucato improvvisamente dalle nuvole, aveva illuminato all’interno, a intrigarla. Una giovane sembrava addormentata sul sedile del guidatore, la testa piegata di lato tra il poggiatesta e la portiera, le braccia abbandonate lungo i fianchi. La cliente curiosa si sarebbe fatta gli affari suoi se non avesse notato un dettaglio. Perfettamente insaccato nel suo seggiolino imbottito, un bambino molto piccolo, al massimo di un anno, piagnucolava e allungava le mani dal sedile posteriore per attirare l’attenzione della donna addormentata al volante. Chiamò uno dei sorvegliante che, dopo aver tentato inutilmente di scuotere quella donna picchiando sui vetri della macchina, aprì la portiera. Lei scivolò a terra e dalla sua mano sinistra rotolò sull’asfalto del parcheggio una siringa. I paramedici dell’ambulanza stabiliranno più tardi che si trattava di eroina. La notizia di una giovane madre di 25 anni, quanti ne aveva quel giorno di Ottobre Erika Hurt, in overdose da eroina nell’auto con il figlio di 10 mesi dietro, non sarebbe uscita dalla contea rurale dell’Indiana se non si fosse aggiunta a una lista ormai angosciante di casi simili, al limite dell’epidemia.  Sono donne, uomini, madri, nonni che scelgono per bucarsi , parcheggi, sale d’attesa di stazioni, panchine nei parchi, luoghi pubblici, accompagnati da figli e nipoti ancora piccoli. Tossicodipendenti di ogni età - una nonna di 76 anni in un giardinetto di New York con la nipotina di cinque, una coppia di sposi in un parcheggio in Georgia con i due figli dietro..(..).  Questa sta diventando la nuova normalità nel ritorno prepotente dell’eroina come stupefacente d’elezione come il crack fu per i ghetti urbani degli anni ‘80 o la cocaina nel boom economico dei ’90. Il “drogato con un bambino al seguito” è la novità della seconda decade del XXI secolo e la spiegazione è insieme tragica e commovente. Queste persone, queste mamme, nonne, zie soprattutto scelgono di “farsi” sapendo, che, nel caso di un overdose, la presenza di un bambino attirerà l’attenzione e il soccorso di passanti che altrimenti resterebbero indifferenti o intimoriti.  Quel piccolo che invoca una madre che non la sente, quella bambina che piange accanto alla nonna con la schiuma alla bocca, sarà la loro speranza di sopravvivere all’overdose e la ricetta più sicura per ricevere in tempo la puntura di naloxone, il farmaco antagonista degli oppiodi che può salvare la vita e che i primi soccorritori ormai portano abitualmente in dotazione. Il prezzo che pagano per usare i bambini come scudi umani è sempre, per i genitori, il vederli portati via e affidati dai tribunali a parenti, a istituzioni pubbliche o a genitori adottivi, ma non è detto che sia una punizione, oltre ai giorni in carcere che spesso devono trascorrere. “Farsi” accanto ai propri figli è un modo per rifiutarli, per respingere una responsabilità troppo grande e separarsi da loro lasciando ad altri la decisione di toglierglieli. Anche Erika Hurt, la madre dell’Indiana, è stata salvata dal figlio di 10 mesi.  L’antidodo è arrivato in tempo, e con l’antidodo il giudice, che ha allontanato per sempre il figlio da lei. Non avrà più un bambino, in futuro, che la salvi da se stessa.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica - 12 Novembre 2016 -

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