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sabato 30 maggio 2020

Lo Sapevate Che; Voltaire, uno dei più celebri autori dell’illuminismo, autore di “Candido” e del “Trattato sulla tolleranza”


«Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo» Voltaire
Francois-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire, nacque a Parigi nel 1694 e fu l’ultimo di cinque figli di una ricca famiglia borghese, il padre, infatti, era notaio nonché alto funzionario fiscale, mentre la madre vantava lignaggio nobiliare. All’età di sette anni, però, Voltaire perse la madre e fu educato dal genitore rimasto con cui ebbe, ininterrottamente, un rapporto molto conflittuale. Il giovane filosofo frequentò un rinomato collegio gesuita, dove apprese il latino e il greco e dimostrò una grande propensione per lo studio delle materie umanistiche. Tuttavia, seguendo il volere paterno, si iscrisse ad una scuola di diritto che abbandonò dopo solo quattro mesi. 
Voltaire conobbe un iniziale successo preso i salotti nobiliari come autore di scritti sarcastici e polemici nei confronti dell’autorità e, alla morte del padre, ereditò una cospicua somma. Ma, un litigio con un cavaliere, gli costò prima la reclusione e poi la via dell’esilio per l’Inghilterra. Il filosofo trascorse tre fruttuosi anni nel nuovo paese ed ebbe modo di apprezzare la letteratura autoctona (ammirò soprattutto le opere di Shakespeare, ancora poco conosciuto nel resto del continente), la filosofia, la libertà religiosa e di parola concessa ai cittadini, e i limiti imposti al potere del re, in netto contrasto con la monarchia assoluta francese. 
Al suo ritorno in Francia pubblicò le considerazioni sull’esperienza inglese nella raccolta di saggi intitolata Lettere Filosofiche, che gli procurarono un nuovo attrito con la corona francese. Si nascose, quindi, nel castello di una nobildonna con cui intrattenne una relazione amorosa e si immerse nella composizione di scritti di varia natura (teatrali, filosofici, scientifici). Fu questo il periodo in cui Voltaire sviluppò la sua ammirazione per le opere di Newton
Dal 1749 al 1752 accettò l’ospitalità di Federico II di Prussia, che nutriva nei confronti del filosofo grande ammirazione al punto da volerlo come suo consigliere. Ma, la rottura dell’amicizia col sovrano lo costrinse a riparare prima in Svizzera e poi nuovamente in Francia, presso il piccolo centro di Ferney. Diventò, in questo periodo, il punto di riferimento dell’Illuminismo europeo e collaborò alla realizzazione dell’Enciclopedia. Furono gli anni in cui Voltaire diede alla luce le sue opere maggiori tra cui: Micromega (1752), Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni (1756), il Candido o dell’ottimismo (1759), il Trattato sulla tolleranza (1763).  
D opo 28 anni di assenza, Voltaire rientrò a Parigi accolto dagli onori dei suoi concittadini, ad eccezione della corte del re e del clero. Ma poco dopo, a quasi 83 anni, si spense probabilmente per un cancro alla prostata mentre la folla lo acclamava sotto il suo balcone. Il suo pensiero laico, anticlericale e spregiudicato influenzò non poco molti protagonisti della Rivoluzione americana e di quella francese, e l’elaborazione di pensatori successivi come Marx o Nietzsche.
Il deismo di Voltaire e la critica all'ottimismo metafisico
Tra i presupposti del pensiero filosofico di Voltaire c’era il tentativo di superare qualsiasi tipo di oppressione politica e intolleranza religiosa in nome della ragione.
Il punto di partenza della sua speculazione era la convinzione che Dio esistesse e che ciò potesse essere provato scorgendo semplicemente l’ordine dell’universo. Scrive Voltaire«Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo, ma tutta la natura ci grida che esiste».
Il 
deismo di Voltaire aveva dunque le seguenti caratteristiche:Dio come Architetto universale: nonostante le numerose difficoltà nel provare l’esistenza di Dio, era ancor più difficile sostenere l’opinione contraria in quanto il filosofo non poteva accettare l’idea che il mondo si fosse organizzato autonomamente senza un intervento esterno. Il Dio di Voltaire era una specie di Grande Architetto della realtà.Dio non interviene nella vita degli uomini: il Dio di Voltaire non ha le fattezze umane, è inconoscibile e non interviene nelle vicende umane. L’uomo è dunque libero di scegliere il bene o il male e non esiste nessun progetto divino per lui.
Dio come prodotto della ragioneVoltaire crede in un Dio universale in quanto prodotto dalla ragione, che appartiene a tutti gli uomini. È dunque un Dio che unifica i popoli e permette di superare i dissidi delle varie confessioni religiose. La sua è una «religione pura, ragionevole, universale: essa consiste nell’adorare Dio e nell’essere giusto».
La critica di Voltaire si indirizza, quindi, contro la concezione che poneva l’uomo come il centro e il fine dell’Universo. Il filosofo rigetta aspramente l’ottimismo metafisico, proveniente dalla tradizione leibniziana, che tendeva a vedere questo mondo come «il migliore dei mondi possibili» e a concepire il male e l’infelicità come momenti di un piano divino (buono quindi) che sfuggiva alla comprensione umana. Secondo Voltaire il male, come il bene, esiste nel mondo e l’unico rimedio non è negarlo filosoficamente ma impegnarsi concretamente per superarlo o renderlo più tollerabile. Difatti, rimanere nell’ottimismo metafisico, significa per Voltaire accettare l’invito a non ragionare e a farsi opprimere, lasciando le cose così come sono. 
L'uomo, la morale e l'etica animalista in Voltaire
Secondo Voltaire l’uomo apprende e conosce solo ciò che percepisce attraverso i propri sensi. Le nostre idee sono dunque il frutto di una combinazione e unione di ciò che “sentiamo”; non esistono idee innate (cioè presenti sin dalla nascita). Voltaire invita ad accettare serenamente l’imperfetta condizione dell’uomo (che è legato alle cose del mondo, non può conoscere tutto e gode di una libertà limitata in quanto non potrà mai governare e controllare completamente i propri desideri), le sue fragilità e i suoi errori. 
Tuttavia, nonostante neghi l’esistenza di valori innati universali (come l’idea di giustizia o di bene) prova a rintracciare una legge morale valida per tutti gli uomini. Il filosofo arrivò a sostenere che: «La virtù o il vizio, il bene e il male morale sono in ogni paese quel che è utile o nocivo alla società». Dunque il bene o il male non derivavano da presunti canoni validi di per sé, ma erano sempre il risultato dell’azione concreta dell’uomo in rapporto alla società in cui vive.  
Il filosofo si oppose aspramente anche alla concezione di una superiorità dell’uomo sulla natura e su tutti gli altri esseri viventi. L’animale, secondo Voltaire, non poteva essere considerato una «macchina priva di coscienza e sentimento» e condannò ferocemente la vivisezione o qualsiasi altro genere di tortura fisica, dimostrando simpatie per il vegetarismo
La concezione della storia
Della grandissima produzione letteraria di Voltaire un posto degno di nota è rivestito dalle opere di carattere storico che segnano un punto di svolta e un nuovo approccio nell’ambito della storiografia. Il filosofo considera infatti inutili e irrilevanti gli aneddoti legati alle biografie dei regnanti, alla cronologia di avvenimenti o ai dettagli delle guerre, preferendo invece concentrarsi sullo «spirito di una nazione, lo spirito del tempo». 
Con ciò Voltaire intendeva che i fattori davvero importanti nella descrizione di uno Stato risiedono nell’analisi delle sue strutture istituzionali, nei suoi rapporti con l’estero, nelle sue espressioni artistiche, letterarie, religiose. 
La storia aveva dunque il compito di svelare e superare tutto ciò che c’era di superstizioso, irrazionale nella storia dei popoli in quanto trovava «cerimonie, fatti, monumenti, stabiliti per convalidare menzogne». La missione di Voltaire era quella di evidenziare i progressi dell’uomo che, tramite la sua ragione, superava i pregiudizi, i miti e le false credenze che lo avevano accompagnato e percorreva il suo cammino verso la fondazione di una società più giusta. 
L'idea di tolleranza di Voltaire
Tutta la polemica di Voltaire contro le ingiustizie sociali, la superstizione, il fanatismo è esemplificata nella sua difesa del principio della tolleranza. Nella sua opera più importante, il Trattato sulla tolleranza, infatti, il filosofo parte da un fatto di cronaca (un processo concluso con la condanna a morte di un protestante di Tolosa) per denunciare globalmente le conseguenze dell’intolleranza, ed in particolare si scaglia contro il cristianesimo«I cristiani sono i più intolleranti degli uomini», o «la nostra (religione, n.d.r) è senza dubbio la più ridicola, la più assurda e la più assetata di sangue mai venuta a infettare il mondo» scrive.  
Ma la sua requisitoria è diretta contro tutte le religioni storiche che hanno tradito il loro comune nucleo razionale, fatto di alcuni principi semplici e universalmente condivisi e, attraverso l’istituzione di dogmi e riti particolari, si sono macchiate di ogni tipo di crimine (dalle guerre alle persecuzioni). Abbandonare dunque il dogmatismo e abbracciare una religione spogliata dei suoi tratti esteriori e deleteri perché: «il deista non appartiene a nessuna di quelle sette che si contraddicono tutte… egli parla una lingua che tutti i popoli intendono… egli è persuaso che la religione non consiste né nelle opinioni di una metafisica incomprensibile, né in vane cerimonie, ma nell’adorazione e nella giustizia. Fare il bene è il suo culto: obbedire a Dio è la sua dottrina»
L’uomo deve accettare la diversità, i diversi punti di vista, in quanto, secondo Voltaire, essere tolleranti significa accettare le comuni fragilità«Siamo tutti impastati di debolezze e errori: perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze, è la prima legge di natura… Chiunque perseguiti un altro suo fratello, perché non è della sua opinione, è un mostro».
La tolleranza deve animare qualunque tipo di potere politico e Voltaire si scaglia, quindi, anche contro l’uso della tortura e della pena di morte. Allo stesso modo attacca l’uso della religione per giustificare le guerre e rigetta il nazionalismo in nome di una fede cosmopolita.  
Curiosità
La celebre frase: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo», a cui è legato indissolubilmente il nome di Voltaire, in realtà non fu mai pronunciata dal filosofo. Appartiene, infatti, ad una saggista (Evelyne Beatrice Hall) che scrisse e ricostruì la vita e le opere di Voltaire. Ciononostante, sicuramente le prese di posizione del filosofo in merito non scarseggiarono e, anche nella sua vita privata, soffriva profondamente delle conseguenze dell’intolleranza degli uomini. Ogni anno, infatti, dedicava un giorno al lutto e all’astensione da qualunque attività: il 24 agosto, anniversario della notte di San Bartolomeo (una strage compiuta nel 1572 dalla fazione cattolica ai danni dei calvinisti parigini), si dice che aggiornasse la sua casistica dei morti nelle persecuzioni religiose arrivando a contarne 24/25 milioni. Ma la sua personalità non fu esente da contraddizioni: si batteva contro le guerre e il pacifismo ma faceva affari lucrosi nel campo dei rifornimenti all’esercito; era un paladino della tolleranza ma intrattenne degli accesissimi diverbi con l’illuminista Rousseau che screditavano la validità di tale principio; infine, celebri furono le prese di posizione sull’inferiorità degli africani rispetto a scimmie e elefanti, oltre che all’uomo bianco.
Voltaire: vita e opere
Francois-Marie Arouet, noto come Voltaire, nacque a Parigi da una ricca famiglia borghese.
Frequentò un rinomato collegio gesuita e si iscrisse, poi, ad una scuola di diritto che abbandonò dopo solo quattro mesi.
Alla morte del padre ereditò una cospicua somma.
Dopo un iniziale successo presso i salotti francesi, la vita di Voltaire fu caratterizzata dall’attrito con nobili e con la corona francese.
Prese prima la via dell’esilio, durato tre anni, verso l’Inghilterra (che gli ispirò la scrittura delle Lettere Filosofiche), seguito dalla permanenza in Prussia (presso Federico II), in Svizzera e a Ferney.
Divenne il punto di riferimento dell’Illuminismo europeo; collaborò alla realizzazione dell’Enciclopedia e compose le sue opere maggiori: Micromega (1752), Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni (1756), il Candido o dell’ottimismo (1759), il Trattato sulla tolleranza (1763).
Ritornò infine a Parigi, accolto con trionfo dai suoi concittadini e si spense, poco dopo, a quasi 83 anni. https://www.studenti.it/voltaire-vita-opere-filosofia.html

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