Tra il 5 e il 6 maggio del
1998 i due Comuni campani, i più colpiti dall'emergenza maltempo, contarono 148
morti a causa della marea di fango, dovuta alle intense piogge di quei giorni,
che si abbatté sui centri abitati
Sono passati 21 anni
dall’alluvione che si abbatté, tra il 5 e il 6 maggio del 1998, su diversi
Comuni campani delle province di Salerno, Avellino e Caserta provocando un
bilancio di 160 morti, 3mila sfollati, 180 case distrutte e oltre 450
danneggiate. I centri più colpiti furono quelli di Sarno e Quindici. Ecco cosa
successe in quei giorni e quali furono le cause e le responsabilità del
disastro.
Cosa è successo
A Sarno, così come in diversi altri Comuni campani del Salernitano,
dell’Avellinese e del Casertano, piove ininterrottamente da diversi giorni. Le
catene montuose rigonfie d’acqua che sovrastano il territorio, già a partire
dal primo pomeriggio del 5 maggio, cominciano a subire degli smottamenti che si
traducono in una serie di violente frane. Tra le 14 e le 15 i livelli
dell’acqua dei canali del Comune di Quindici in provincia di Avellino
cominciano a salire e una prima frana sfiora alcune case del centro storico.
Intorno alle 18 un’onda violenta di acqua e detriti fa saltare tutte le
comunicazioni. Anche a Sarno il fango ha completamente invaso il centro e poco
dopo le 18 il Comune salernitano conta la prima vittima dovuta alle frane:
Roberto Serafino di appena 9 anni. All’ospedale di Villa Malta a Sarno,
intanto, cominciano ad accalcarsi i feriti. La situazione si aggrava ancora
fino a raggiungere il suo apice intorno alla mezzanotte, quando un’ultima massa
di fango si stacca dai versanti montuosi abbattendosi sui centri abitati e
colpendo anche l’ospedale Villa Malta. I dati ufficiali parlano
complessivamente di oltre due milioni di metri cubi di materiali franati a
valle a una velocità nell’ordine di 10 metri al secondo. Il disastro ambientale
provocato dal maltempo causa un totale di 160 morti, 137 solo a Sarno. Tra i
Comuni più colpiti c’è anche Quindici, che conta 11 morti. Restano coinvolti
nell’alluvione pure Siano e Bracigliano in provincia di Salerno e San Felice a
Cancello in provincia di Caserta.
Le cause della tragedia
Le sole precipitazioni, per quanto intense e prolungate, da sole non
basterebbero a giustificare quanto avvenuto 21 anni fa in Campania. È più
probabile, secondo l’analisi condotta da Legambiente nel dossier pubblicato nel 2018, che siano
state una serie di concause a innescare il disastro ambientale. La
conformazione geomorfologica del territorio, ad esempio, in mancanza di una
copertura vegetale, ha favorito eventi franosi lungo i versanti montuosi.
Infatti le pendici delle montagne dell’area di Sarno erano state soggette a
continui incendi in quegli anni: basti pensare che il censimento del 1990 aveva
registrato un calo della superficie boschiva del 13,4% rispetto al 1982.
L’inefficienza della rete di drenaggio delle acque superficiali può essere
stato un altro fattore di rischio
idrogeologico. Non a caso, nei territori campani colpiti dall’alluvione, i canali di
scolo di epoca borbonica erano in stato di degrado da anni a causa della
mancanza di manutenzione. Infine, un’altra causa delle frane può essere
individuata nelle caratteristiche geologiche dei territori colpiti
dall’alluvione nel ’98: gli strati di origine vulcanica formatisi al di sopra
delle rocce calcaree a seguito delle eruzioni del Vesuvio, infatti, hanno meno
stabilità e, di conseguenza, possono essere più soggetti a smottamenti.
Le responsabilità
Secondo Legambiente, molti dei morti dell’alluvione del 1998 si sarebbero
comunque potuti evitare. Già dopo le ore 16 di quel 5 maggio era chiaro che le
colate di fango stessero assumendo una gravità sempre maggiore. Ecco perché
l’ex sindaco di Sarno, Gerardo Basile, a seguito di un lungo e complesso iter
processuale, è stato condannato nel 2011 dalla Corte d’Appello di Napoli a
cinque anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, con l’accusa di
omicidio plurimo colposo per non aver ordinato lo sgombero della popolazione e
causato così la morte di 137 persone. E nel marzo del 2013 la Terza sezione
penale della Corte di Cassazione ha rigettato definitivamente il ricorso
presentato dai legali dell’ex primo cittadino contro la sentenza d’appello.
Insieme a Basile, sono stati condannati la Presidenza del Consiglio dei
ministri, il ministero dell’Interno e il Comune di Sarno con il pagamento di
una provvisionale e il risarcimento ai familiari costituitisi parte civile.
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