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martedì 22 settembre 2020

Lo Sapevate Che: È ARRIVATO L’AUTUNNO!

 Autunno: perché si chiama così questa stagione dell’anno?

L’origine si fa risalire al participio passato del verbo latino augere”. Augere, che significa “aumentare”, “arricchire”, diventa – con il suo participio passato – “auctus”, a cui è stata associata la desinenza -mnus. Da qui autumnus, da cui poi tutte le lingue neolatine hanno tratto il nome della terza stagione dell’anno (Otoño in spagnolo, Automne in francese, Outono in portoghese, ed anche in inglese si dice Autumn – mentre negli Stati Uniti è più comune il termine “Fall”).

 

 

Autunno: Settembre e i suoi proverbi

L’autunno fa cader le foglie e la vecchiaia fa passar le voglie

Autunno chiaro e giocondo, anno fecondo

In settembre l’uva matura e il fico pende

Di settembre e d’agosto, bevi il vin vecchio e lascia stare il mosto

Un settembre caldo e asciutto maturare fa ogni frutto

Da Settembre prima la bianca, che di pendere è già stanca

L’uva settembrina, è fragola zuccherina

Di Settembre la notte col dì contende

Di settembre o porta via i ponti o secca le fonti

A settembre pioggia e luna, è dei funghi la fortuna

Quando la cicala canta in settembre, non comprare grano da vendere

Aria settembrina fresco la sera e fresco la mattina

Brache, tela e meloni in settembre non son buoni

Ogni uccello di settembre è beccafico

Se fa bello per San Gorgone (6 Settembre) la vendemmia va benone

Se piove per San Gorgonio (9 settembre), tutto l’ottobre è un demonio

Santa Croce (14 Sett.) pane e noce

Per Santa Eufemia ( 16 Sett.) comincia la vendemmia

San Matteo (21 Sett.) addolcisce i grappoli

 

Significato simbolico, miti e leggende

 

Sia solstizi che equinozi hanno un importante significato simbolico in molte culture del passato, ancora oggi molti appassionati si incontrano agli equinozi attorno alle rovine di Stonehenge, e continuano ad avere un ruolo fondamentale nel calendario. Le piccole discrepanze tra la durata dell’anno scandita dai calendari e l’effettiva durata dell’anno astronomico hanno fatto si’ che il giorno degli equinozi non sia sempre stata la stessa. Prima dell’introduzione del calendario gregoriano, nel 1582, si era verificato un graduale slittamento e l’equinozio d’autunno cadeva circa 10 giorni dopo la data formale. Per recuperare la discrepanza accumulatasi nel tempo vennero eliminati i giorni in eccesso si stabilì di eliminare 10 giorni dal calendario, ossia che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre.

Alcuni miti connessi all’evento sono duri da sfatare: ad esempio si ripete spesso che la regione artica, nel corso dell’anno, vive sei mesi di luce e sei mesi di buio. Cosa che che libri, articoli e guide turistiche continuano a riportare, attribuendo al termine “notte”, il significato di “presenza del Sole sotto l’orizzonte”: in realtà quando il Sole scende sotto la linea dell’orizzonte, quel che osserviamo è il crepuscolo. Ogni volta che il bordo più alto del Sole è inferiore a 18 gradi sotto l’orizzonte, si verifica il limite del crepuscolo astronomico, oltre al quale ne esistono altri due tipi: quello civile, che si verifica quando il Sole è sotto di 6°, e quello nautico, ossia quando la nostra stella scende a 12 gradi sotto l’orizzonte. Il momento in cui sono necessari i fari artificiali, coincide con la fine del crepuscolo. Questa fase interessa il Polo Nord sino ad ottobre, per cui siamo ben lontani dal definire questo periodo come “buio totale”.

L’equinozio di settembre per molti anni ha rappresentato anche il primo giorno dell’anno nel calendario repubblicano francese, che venne usato dal 1793 al 1805. Nel Regno Unito il giorno dell’equinozio viene utilizzato per calcolare la ricorrenza del festival del raccolto, celebrato la domenica della luna piena più vicina all’equinozio di settembre. Tuttavia è il paganesimo e l’esoterismo a trovare, ancor oggi, nel giorno dell’equinozio, un punto di riferimento. Dal punto di vista astrologico, questi sono gli ultimi giorni in cui le forze si bilanciano, mentre a seguire l’oscurità vincerà per i successivi sei mesi sulla luce. Nella tradizione iniziatica, questo momento rappresenta un passaggio, un tempo per meditare, durante il quale la separazione tra ciò che è visibile e ciò che invisibile tende a diventare sempre più sottile. Diversi anche i miti, soprattutto celtici, che si legano a questa giornata: l’equinozio autunnale veniva festeggiato con il nome di Mabon, il dio della vegetazione e dei raccolti. Indicato col nome di Maponus nelle iscrizioni romano-britanne, è figlio di Modron lsa, dea madre: rapito tre notti dopo la sua nascita, venne imprigionato per lunghi anni fino al giorno in cui venne liberato da Culhwch, cugino di Re Artù. A causa del soggiorno ad Annwn, Mabon rimase giovane per sempre. Il suo rapimento è quindi l’equivalente celtico del rapimento greco di Persefone. Nell’antica Grecia invece si celebravano i grandi misteri elusini, riti misterici che rievocavano suddetto rapimento di Persefone, figlia della dea Demetra, che regolava i cicli vitali della terra, condotta agli inferi dal dio Ade che ne fece la sua sposa: la leggenda racconta che Demetra, come segno di lutto e fin quando non riebbe sua figlia, impedì il germogliare delle sementi e delle piante e rese sterile la terra.

Il mito si interseca quindi con la realtà e con i ritmi vitali dell’uomo, che nonostante la tecnologia, continuano ad essere intimamente legati con l’ancora, per certi versi, misterioso movimento degli astri.

http://www.meteoweb.eu/2020/09/equinozio-2020-quando-arriva-autunno

 

ED ORA: 20 COSE CHE TI FANNO CAPIRE CHE È AUTUNNO ED ORA

 

Che due coglioni intergalattici: è finita l’estate.
Che poi, è vero, il caldo soffocante l’ha fatta da padrone però adesso, con le prime piogge e il primo fresco, quasi che ad abituarsi non era poi così male.
Così, 20 cose che, uffa, ci fanno capire che il bel caldo, il sole, la spiaggia, il mare, le infradito, le espadrillas, la buona e gustosissima e rinfrescante birra ghiacciata (e sto già piangendo) sono rimandati, ancora uffa, all’anno prossimo.

 

1 – Il pantalone del pigiama, la copertina e la finestra chiusa.

Hai dormito praticamente nuda per tre mesi e passa e poi, una mattina, dalla finestra aperta arriva quel filo d’aria freddo che ti fa coprire con il lenzuolo. Ti svegli e la cervicale pulsa e il naso è chiuso che hai bisogno di mezza giornata per stapparlo. La notte dopo è freschino, ti fa strano riprendere una maglietta e indossarla, ma ci può stare. Una settimana dopo, hai già tirato fuori dall’armadio il pigiama (o almeno il pantalone), la copertina sul letto e dormi con la finestra chiusa. E allora capisci che il passaggio successivo sarà il pigiama di pile. Viene male solo a pensarci. Quando poi la copertina compare sul divano davanti alla televisione, solo allora, quel momento sancisce la tomba dell’estate.

2 – Le cimici.

Non quelle nascoste nei mobili o negli angoli impervi (nei quali di solito albergano i ragnetti) che nei film americani ci hanno abituato a scene inimmaginabili nella realtà di casa ma che, evidentemente, comuni in certi ambienti, ecco, no, non quelle. Le altre, quegli insettini verdi, quadrati, che quando volano e sbattono le ali sembrano elicotteri e poi fanno dei cristi della madonna contro qualunque muro, vetro, albero come nemmeno Mr. Magoo seguite da uno Stock onomatopeico che ti dici cazzo è? Insetti odiosi come tutti gli insetti, per altro nocive per piante e alberi, la prima cosa che ti insegnano da piccola è non ucciderle perché poi fa una puzza del signore. Allora impari a prendere un foglio di carta e a farle camminare sopra in modo da buttarle fuori dalla finestra o dal balcone. Ora, in città probabilmente si vedono poco, tanto che io quando abitavo a Rimini non me n’è mai entrata una in studio, una cavalletta inspiegabilmente sì tramortita poi con un profumo per il quale avevo disegnato l’etichetta, ma cimici mai. aDes, Montemarciano non sarà una metropoli ma non è nemmeno quella campagna per cui ci vogliono tre quarti d’ora prima di trovare un paese con il bar – tabacchi (che nella mia visione di campagna, quando un paese ha un bar – tabacchi. una pompa di benzina, un alimentare, un’edicola, una scuola almeno materna, il campo da calcio con due tribune e una biblioteca hai lo stretto necessario per viverci bene), Diciamo che è campagna civilizzata e ovviamente quando hai spazio ti fai gli orti, i campi di ulivi, cose così e ovviamente hai gli insetti che queste cose ti portano. Tipo le cimici. L’altro giorno, quando si tenevano le finestre ancora aperte, credo di averne buttate fuori almeno quattro, che poi è stata l’Ila nella misura in cui se lei ne butta fuori quattro, io ne butto fuori una. Comunque. Che poi c’è proprio un momento preciso nel quale continui a mettere il fornelletto con la pastina per abitudine e ti accorgi che sono giorni che nemmeno alle 18 (orario dell’aperitivo casalingo nel quale sei passata dalla birra al vino rosso con una naturalezza preoccupante) le zanzare fanno fatica a vedersi (se non in quelle ultime serate calde nelle quali ‘ste stronze sono incazzate a bestia che lo sanno che vanno a morire) e compaiono le cimici, quasi a compensazione, una staffetta tra loro. Insomma, in ogni stagione ci sono insetti insopportabili che rompono il cazzo.

 

3 – Il pantaloncino da calcio e la canotta nell’armadio.

Fino a una settimana fa, canotta e pantaloncino da calcio erano l’abbigliamento quotidiano quando non era il costume da bagno. Poi, all’improvviso, una mattina, con il naso colante sempre per quella finestra aperta che poi hai dovuto quantomeno accostare e infine chiudere, capisci che la tua pelle ha freddo. Così, il pantaloncino da calcio e la canotta vengono sostituiti da una maglietta a manica lunga in cotone e pantaloni della tuta in felpa. Fortunatamente, almeno in casa porti ancora l’infradito così che una parvenza di estate sembra perdurare.

4 – Le calze.

Ecco. Quando inizi a infilarti le calze con ancora le infradito forse è il momento di farsi qualche domanda e accettare che l’estate è proprio andata anche se una parte di te è convinta che sono solo alcuni giorni freschi e che il caldo tornerà. No, non tornerà. E magari riporre nella scarpiera le amate infradito per sostituirle con le ciabatte chiuse. Quando poi questo accade (a me succede lunedì 28 settembre uffa), così come accendere i caloriferi, come dice il Bernocchi alla fine di ogni suo Canicola su Radiorai2: è fatta!

 

5  e 6– Fabio Volo alle 9 su Radio Deejay.

Nella mia giornata lavorativa, Radio Deejay è praticamente sempre accesa. Riesco ad ascoltare più o meno tutte le trasmissioni, ma solo due mi irritano così tanto da addirittura spegnere la radio e preferire il silenzio. Vero anche che ascolto diversi podcast di trasmissioni che in diretta faccio fatica a seguire, vuoi per l’orario contrario, vuoi per mancanza fisica di una radio sottomano o wifi assente e dalle 14 mi rifaccio, ma due degli appuntamenti su Deejay proprio mi rifiuto di ascoltarli. Il primo è Ciao Belli, che vabbè’ capita anche nell’orario di pranzo e dunque Studio Sport, quindi spegnere la radio è anche un’onesta pausa per preparare da mangiare e prendermi un’oretta di riposo. Il secondo è Il Volo del mattino. Cioè, dire che mi parte male la giornata quando mi sveglio e sento come prima voce la sua, è un eufemismo. Che poi il Trio Medusa è anche bravo e ha spunti interessanti, aprendoti al giorno nuovo, rilassa ed è divertente. Poi, alle 9, il dramma: la voce strozzata e irritante di Fabio Volo. Radio spenta diretta. Inaffrontabile. E se per i libri ancora non posso dire nulla a riguardo (ma presto lo farò), io il personaggio Fabio Volo non lo sopporto. E sì che sai, accendi la radio, la lasci accesa mentre ti prepari il caffè, fai colazione, dai una scorsa ai tuoi giornali quotidiani, insomma, è quell’ora in cui inizi a svegliarti ma hai anche il letto da rifare, lavarti magari e le tazze e tazzine nel lavello, e dire di prestargli attenzione magari è un’iperbole. Ma dioppo vieni in studio e ti accendi la prima sigaretta della giornata e lui parla alla radio è una roba da chiuderti la vena in due nanosecondi. Poi la sua risatina o quando fa le battute ti fa scattare all’istante un istinto omicida che non pensavi di possedere. Il Volo del mattino male male male. Purtroppo, la sua trasmissione riprende alla fine di settembre, il che significa che, con la pioggia e il freddo, torna pure lui. Stare a casa a scrivere (che è già più che sufficiente) no?
Naturalmente, il primo lunedì che va in onda sto ben attenta a non accendere la radio prima delle 10 e, nonostante questo, alle 12 me lo ritrovo da Cattelan e niente, non c’è scampo anche perché mette la pulce sul libro nuovo. Cioè solo lui che dice 
sto scrivendo è una roba che nella tua testa cozza e ti fa rabbrividire come, non so, come se l’avvocato Prisco dall’alto del paradiso urlasse quaggiù Forza Milan! Cioè, capite lo sconcerto?

 

7 – Le partite di calcio ogni sera e l’inizio delle coppe. (tutto se sarà possibile causa COVID)

Che dire? Per me, rilassamento totale. E sì, alla Fantozzi insomma. E poi è anche la stagione lunga, ‘che in giugno ci sono gli Europei! (e se fossi una che usa le faccine ne metterei pure una).

8 – Le zuppe.

Prima fa troppo caldo per cenare con qualunque pasto caldo. Persino una pasta, a meno che non sia fredda, ti fa storcere il naso, figurarsi anche solo immaginare brodi e roba ustionante al palato. Certo, se vai alla sagra del brodetto di pesce o ti fai un antipasto di vongole e cozze ci può stare, nei limiti della temperatura esterna. Eppure, basta una serata fresca, un paio di brividi e la voglia più di vino rosso che di birra ed eccoti a cucinare una zuppa calda come non facevi da mesi.

9 – Il passaggio dell’aperitivo casalingo delle 18 dalla birra al vino rosso.

Assolutamente naturale. E assolutamente automatico.

10 – La razione di gelato quotidiana che diventa una ogni tanto.

Per tre mesi non è esistito un solo giorno senza mangiare gelato, tanto che sei riuscito a collezionare diversi barattoli della Sammontana il cui riutilizzo è a tutt’oggi ancora un mistero, ma intanto campeggiano nel tuo studio come se il canestro da basket, la spada laser, la testa lego gigante e quella di Stitch e altri giocattoli non fossero sufficienti da rendere il tuo studio un luogo di perdizione. Con il gelato più di una volta ci hai anche cenato, gelato che nella tua dieta estiva era essenziale e la base comune. Poi, questo freschetto qui, le finestre chiuse e la copertina sul divano e l’idea di toccare quell’amato barattolino ghiacciato ti fa rabbrividire in due nanosecondi.

 

11 – La zucca e simili.

E con loro, le castagne, le pannocchie, il cavolfiore, i funghi, il tartufo e insomma, alcune verdure di stagione da frullare per farsi le zuppe di cui sopra o sughi che solo a guardarli prendi due chili come ridere.

 

12 – Le tisane serali.

Cena con le amiche finita e poi la domanda: Facciamo una tisana? Se c’è una roba che proprio non mi piace sono le tisane. Di tè verde ne berrei a litrate, ma le tisane no: non mi piace l’odore, non mi piacciono quelle infusioni con colori strani, non mi piace il sapore. Eppure il loro successo è incondizionato da tempo, figuriamoci poi con il numero esorbitante di vegani e vegetariani che, per carità, massimo rispetto, ci sono oggi. Ma quando nei pub nei quali era un miracolo se uscivi dritto, sono comparse le luci soffuse, le teiere e i biscotti secchi, be’, la rivoluzione era in atto e tu non potevi farci niente. E se prima fumare e bere era una strana forma di omologazionei, oggi ti guardano e, al contrario, schifati, ti guardano e ti chiedono: ma fumi e bevi ancora?!? oppure: non hai ancora smesso?!? pieni di ribrezzo e con gli angoli della bocca in giù. Moderatamente, fumo a parte, un bicchierino di vino al giorno non ha mai fatto male a nessuno.

 

13 – Il buio alle 20 di sera che in agosto ti rattrista ma ne prendi atto, in settembre ti butta proprio giù.

In agosto non te ne accorgi perché ancora fa caldo, ma, cavolo, inizia l’anticipo delle 18 e la luce diventa più buia. E poi peggio: inizia l’anticipo delle 19 e fuori il nulla, buio pesto. E non è una varietà del sugo genovese al basilico.

14 – La pioggia e le prime foto sui social della neve.

Che piova vabbe’ ci sta. Allagamenti pace, ormai piove e fa danni. Ma la neve a settembre (contestualizzate in località montanare), che cazzo è? Siamo in Minnesota?

15 – Il cappotto e simili.

A fine agosto, giusto per scaramanzia, nella borsa metti scarpina e maglioncino di cotone leggero perché non si sa mai, tipo vai a cena in un ristorante di pesce sulla spiaggia e vabbè’ a riva quella brezzolina umida arriva sempre. Poi esci direttamente con il maglioncino. Successivamente, nella borsa, proprio perché non si sa mai, ci cacci il giubbottino di pelle e simili. Infine addirittura con il cappotto, che poi di solito passi subito al piumino leggero (li ho già visti in giro per altro) perché come si suol dire non esistono più le mezze stagioni. Insomma, hai almeno cinque o sei giubbottini, tra quello di pelle, mini trench, sportivi, antipioggia, antivento e niente, dopo quello di pelle una mattina ti ritrovi a indossare il Woolrich e ciao, inverno pieno. E il tuo amato e costosissimo cappottino bianco stile montgomery anche quest’anno rimane nell’armadio.

 

16  e 17– L’avvento delle scarpe.

A me succede venerdì 25 settembre. Avete presente quando le paure inconsce riemergono improvvisamente perché accade qualcosa che le fa scattare automaticamente? Ecco, se c’è una roba che mi manda ai matti è il passaggio da infradito a scarpe chiuse, chiuse escluse le ballerine che nella mia visione di moda non possono essere inserite in nessuna categoria. Durante l’estate, o almeno dal primo caldo, le scarpe chiuse (le varie Clark’s, Nike, Ugg scarpe così) vengono fiondate direttamente nella scarpiera e vengono riprese immediatamente l’infradito, che poi non toglierò fino all’inizio di ottobre. Infradito che diventano le mie migliori amiche, da casa alla spiaggia alla passeggiata in paese sono sempre ai miei piedini. Nelle uscite serali invece vario tra espadrillas e sandali aperti. Le ballerine sono quelle incatalogabili che si usano in primavera e in autunno, in quelle giornate da via di mezzo nelle quali non è troppo freddo e non è troppo caldo. Quindi, arrendersi allo svegliarsi al mattino e dover uscire ed essere consapevoli che le espadrillas sono leggere e le ballerine se piove forte ciao, è stato avvilente, come il solo riaprire il cassetto delle calze e doverle scegliere. E il fatto che calze e scarpe sarà la quotidianità, be’, male male male.

 

 

19 – Le foglie e “i colori dell’autunno”.

Le amiche che vanno a New York e hanno avuto la possibilità di visitarla in stagioni diverse, ti racconteranno che la primavera se la batte con l’autunno. L’autunno per i colori di Central Park e bla bla bla. Anche se ti basta guardare qualche film, qualche foto o anche solo fuori dalla finestra e i suoi colori ti stregano lasciandoti senza fiato. Belli sono belli, per carità, vai però a camminare su un letto di foglie ancora bagnaticce dopo la pioggia con le Clark’s e dimmi se almeno un paio di volte non ti sguilla la scarpa arrischiando la tua incolumità fisica.

 

20 – E poi, drammaticamente, dicembre quindi Natale.

A questo punto, ti sei abituato al piumino, ai maglioni in lana, alla nebbia e al buio che già alle 16,30 taglia le giornate. Eppure, ripensi a fine settembre e il tempo è volato. Ed è già, di nuovo, Natale e tutto ciò che questo significa, cioè pensare ai regali, chiudere l’anno con le commissioni, correre a destra e a manca per almeno dare un’occhiata ai regali papabili e fattibili, iniziare a spuntare la lista che a ogni Natale non capisci perché è sempre più lunga, le cene perché c’è chi parte, i viaggi dietro alla famiglia, insomma, semplicemente Natale. E la bilancia che impazzisce.
A questo punto, come arriva l’inverno non ti accorgi nemmeno del passaggio perché tanto l’abbigliamento pesante lo indossi da almeno due mesi e poi continui a impazzire (e ne hai piene le palle) dietro ai regali.
A questo punto, piuttosto, se te lo puoi permettere economicamente, costume e telo da bagno li ritiri fuori solo se vai ai Caraibi. Siccome a me è capitato, vi posso giurare che, squali tigre a parte le cui pinne spuntavano qualche metro più in là della rete, essere abbronzati e in costume in dicembre, è una figata pazzesca. Certo, un po’ meno l’albero di Natale sotto un sole cocente e con una temperatura di 32 gradi e tu in infradito, ma fa un vallo lo stesso anche perché cazzo ti frega, sei in vacanza.
A questo punto, se non sei ai Caraibi, sei anche ingrassato, e allora inizi già a farti le seghe mentali tipo programmino dell’anno prossimo e ti dici incoraggiandoti da solo: 
il mese prossimo inizio a camminare (o andare in palestra o vattelapesca). Poi il mese dopo non inizi perché fa un freddo del signore e ti ritrovi ad aprile (con maggio alle porte) con ancora i tuoi chili e quando è giugno hai iniziato davvero a rimetterti in forma; peccato che ora che in forma, lo sei per davvero, è di nuovo settembre. E di nuovo autunno. Uffa.

https://www.mabelmorri.it/2015/09/29/20-cose-che-ti-fanno-capire-che-e-autunno/ 

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