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lunedì 13 agosto 2018

Lo Sapevate Che: Propositi per l'estate: riposarsi. Ma quando?...


Anche Voi Fate i buoni propositi per le vacanze estive? Io, tutti gli anni. E li tradisco sempre. Nel mio elenco le priorità sono chiare. Primo: godermi, in compagnia di mia moglie, il ritmo lento di Camogli, piccolo borgo ligure i cui abitanti hanno un dono ancestrale per tener lontano il turismo di massa. Nuotare, oziare sulla spiaggia fino al tramonto, leggere romanzo, rivedere gli amici che hanno voglia e coraggio per venirci a trovare (il nostro minuscolo appartamento ha una bella vista, ma per conquistarla bisogna affrontare quattro piani e mezzo senza ascensore, scalini stretti e ripidi come da antico comune marinaio). È la cura dell’immersione in un’Italia di provincia, remota e un po' scontrosa, circondata da una natura magnifica. Mangiar sano. Dormire. Immaginare che questo potrebbe assomigliare alla nostra pensione, un giorno. Chissà. Comunque fa bene anche uno stacco di poche settimane, agli antipodi dallo stress che il resto dell’anno m’infliggo a New agli antipodi dallo stress che il resto dell’anno m’infliggo a New York, con l’aggiunta di una girandola di viaggi dentro l’America e in giro per il mondo, a rincorrere presidenti, vertici internazionali reportage imposti dagli eventi di un mondo impazzito (e non mi sto lamentando, questa vita l’ho scelta io, mi piace pure, constato solo che non è la più sana possibile). I piani sono una bella cosa, finché non si scontrano con la realtà. Ricordo la battuta di un premier inglese, Harold Macmillan. Un giornalista gli chiese cos’era la cosa più temuta da uno statista. “Gli eventi, mio caro. Gli eventi”. Vale anche nel mio piccolo. C’è un sacco di gente che fa altri piani per me. La Repubblica e D, per esempio, hanno il vizio di uscire anche d’estate. Chissà cosa pensereste di me, se questa rubrica dovesse sparire. Poi c’è l’editore dei miei libri. Pretende che io continui a scriverne. Si è fatto l’idea che d’estate, finalmente, ho il tempo per pensare al progetto futuro, e cominciare anche a buttar giù dei testi. Poi ci sono gli eventi. Un presidente degli Stati Uniti che a età luglio decide di andare a insultare tutti i paesi d’Europa a un vertice della Nato; improvvisa una luna di miele con Putin sul Mar Baltico. Il bello della mia Camogli, quella sua ombrosità un po' desueta, qual fascino démodé, ha un rovescio della medaglia. Pochi e lenti i treni. Scarsi i voli internazionali da Genova, Helsinki dista solo tre ore e messa di volo – per un americano sono poche – ma se becchi l’unico collegamento diretto. Che parte da Roma. Dulcis in fondo, c siete vo. Vi adoro. Ma c’è un prezzo da pagare, quando l’amore è corrisposto. In Italia si legge poco, rispetto ai paesi avanzati – forse non ci è mai andata giù che la stampa l’abbia inventata il tedesco Gutenberg, roba da protestanti. In compenso, l’Italia, pullula di bellissimi festival: è dovere degli autori andarci. È un rito divertente, piacevole, anche se vagamente surreale: andare a raccontare i libri che ho scritto, versione orale. Magari in forma teatrale, perché è il linguaggio più caldo, che fa scorrere emozioni, ti mette alla prova nella tua capacità di dialogo. L’accoglienza è festosa. I chilometri sono tanti. La gestione del calendario: una follia. Capita ogni anno, che buoni propositi e doveri sacrosanti entrino in collisione. Provoco disastri. Quest’estate, per esempio, ero a Helsinki mentre avrei dovuto essere a Lavello (Potenza) da una carissima persona, Vitantonio Iacoviello, che mi aspettava per una conferenza e un premio in onore di un grande giornalista scomparso (suo zio). L’estate finisce, sempre con un bilancio pieno di rimpianti. New York aspetta, che non ti guarda in faccia, e ti scaraventa subito nella sarabanda infernale.
Federico Rampini – Opinion – Donna di La Repubblica – 4 agosto 2018 -

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