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mercoledì 29 agosto 2018

Lo Sapevate Che: Pane e libri, così la vita ha senso....


All’alba del 19 agosto 1936 Federico Garcia Lorca venne prelevato da miliziani fascisti dalla cella della prefettura di Granada dove era stato rinchiuso. Lo fucileranno lungo la strada che va da Viznar a Alfacar. Il motivo ufficiale: “Socialista, massone, praticava omosessualità e altre aberrazioni”. Quando perdo i punti di riferimento anche io pratico l’aberrazione della letteratura. Quando avverto a necessità di cercare la distanza per poi immergermi nel quotidiano con più lucidità, è alla letteratura che faccio ricorso. “Aberrazione” la chiamavano i fascisti spagnoli e “aberrazione” la definisco anche io, sottraendo tutto l’orrido significato moralista e riprendendo l’etimologia latina “ab errare”: spostarsi dalla via conosciuta. Provo a immaginare quando è iniziata la mia scelta di spostarmi dalle vie solite, quali i primi libri. Ebbene non sono stati i libri che ho scelto quelli che mi hanno cercato, reclamato da uno scaffale, dietro una vetrina (i lettori compulsivi sanno che sono i libri a sceglierti e raramente accade il contrario). Dicevo: i primi libri li ho ricevuti, ereditati. I primi libri che ricordo da bambino sono racconti e fiabe. Le raccolte di Gianni Rodari sono un’incredibile miniera per i bambini, per la forma che hanno, che è spesso forma perfetta. I testi brevi delle filastrocche e le loro rime appagano la ricerca di ordine e coerenza che nell’infanzia diventa quasi un’epifania. I racconti chiusi, brevi, mi hanno abituato ad andare fino in fondo, trovando nella brevità lo stimolo a portare a termine l’impresa. La prima cosa che ricordo nella lettura è la soddisfazione di finire un testo che, quando breve, mi evitava mortificazioni e scoramenti. L’approccio alla lettura per bambini deve essere una sorta di innamoramento: ci si deve innamorare della propria capacità di portare a termine una sfida che all’inizio può apparire titanica. Ricordo la mia passione per tre volumoni enormi di fiabe pubblicate da Einaudi. Fiabe italiane curate da Calvino, fiabe francesi curate da Perrault e fiabe russe curate da Afanas’ev. Le italiane mi raccontavano la nostra storia, quelle francesi avevo l’impressione di conoscerle da sempre. Ma le fiabe russe furono per me una scoperta incredibile; un mondo che si apriva alla mia fantasia, un mondo fatto di lucci dorati e magici pronti a esaudire desideri, di poveri Ivan (i nostri Giovannino) che facevano della loro ingenuità l’unica arma per affrontare il mondo. Queste fiabe funsero per me a giusto contraltare all’armonia offerta da Rodari. Erano racconti a volte cruenti, che parlavano di terribili ingiustizie e sanguinose punizioni, mi davano letture del mondo e dei rapporti di potere che a me sembravano irreali, ma che poi avrei riscoperto come rispecchiassero fedelmente il mondo in cui viviamo, un mondo che è sempre uguale a se stesso. La strada che mi ha portato a dipendere dalla lettura, come gli esseri viventi dipendono da aria, acqua e cibo, è lastricata di libri trovati per caso, di storie impostemi negli anni di scuola, di libri con copertine poco affascinanti, di pubblicazioni concepite per giovani lettori, ricche di note e aiuti all’interpretazione, strumenti che talvolta viviamo come un piccolo sopruso, ma che negli anni si trasformano nella malta che tiene insieme i nostri pensieri, le nostre opinioni. Passione per la lettura non è passione per l’erudizione: quello che i libri possono darci non lo danno per accumulo. La sospensione, dal flusso del quotidiano, l’aberrazione scandalosa del libro risiede nella capacità di avere aggiunto vita, alla vita, differente punto di osservazione, distanza e diottria, possibilità di aver capito ciò che prima rimbalzava solo sopra la cute. Garcia Lorca, inaugurando la biblioteca del suo paese- Fuente Vaqueros – descrisse la necessità quotidiana dei libri al di là del censo, del lavoro, del ruolo, dell’identità; la necessità del libro all’essere umano in quanto tale. E lo disse come nessuno aveva fatto sino ad allora. “Non di solo pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e mi trovassi invalido in mezzo alla strada, non chiederei un pane; ma chiederei mezzo pane e un libro. (…) Libri, libri! È questa una parola magica, che equivale a dire: amore, amore! Una cosa che i popoli dovrebbero chiedere, così come chiedono il pane e come invocano la pioggia per i loro campi seminati”.

Roberto Saviano – L’Antitaliano – L’Espresso – 26 agosto 2018 -

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