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venerdì 15 gennaio 2021

Lo Sapevate Che: Giulio Regeni: Cresciuto a Fiumicello, in provincia di Udine. L’omicidio venne commesso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016.Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario. ... Wikipedia

 

Giulio Regeni nasce a Trieste il 15 gennaio 1988. Cresciuto a Fiumicello, in provincia di Udine, quando è ancora minorenne si trasferisce a all'Armand Hammer United World College of the American West (Nuovo Messico - Stati Uniti d'America) e poi nel Regno Unito per studiare. Per due volte vince il premio "Europa e giovani" (2012 e 2013) al concorso internazionale organizzato dall'Istituto regionale studi europei. Premi vinti per le sue ricerche e per gli approfondimenti sul Medio Oriente (la regione geografica che comprende i territori dell'Asia occidentale, quelli europei: la porzione di Turchia a ovest dello stretto del Bosforo e nordafricani - Egitto).

Le collaborazioni di Giulio Regeni

Lavora presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO, dall'inglese United Nations Industrial Development Organization), un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa dell'incremento delle attività industriali che si trovano nei paesi membri. E dopo aver svolto anche per un anno ricerche per conto della società privata di analisi politiche Oxford Analytica, si reca in Egitto. Qui svolge un dottorato di ricerca presso il Girton College dell'Università di Cambridge e svolge una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l'Università Americana del Cairo.

Regeni scrive alcuni articoli con lo pseudonimo di Antonio Druis pubblicati dall'agenzia di stampa Nena e, poi, postumo, dal quotidiano il Manifesto. Articoli in cui descrive la difficile situazione sindacale dopo la rivoluzione egiziana del 2011.

Il 25 gennaio 2016: la scomparsa

È il 25 gennaio 2016 quando Giulio Regeni, ricercatore italiano, invia alle 19.41 un sms alla fidanzata in Ucraina, per dirle che stava uscendo. A distanza di poco tempo, l'amica di Regeni, la studentessa Noura Wahby conosciuta nel 2014 a Cambridge, denuncia sul proprio profilo Facebook la sua scomparsa. Si sa che il ricercatore italiano doveva incontrare delle persone in piazza Tahrir. L'occasione è quella di festeggiare il compleanno di un amico.

Da allora sono passati diversi giorni prima del suo ritrovamento e, nel frattempo, su Twitter vengono lanciati diversi hashtag #whereisgiulio e #جوليو_ـفين (letteralmente: #doveègiulio).

Il ritrovamento

Il ragazzo viene trovato il 3 febbraio 2016 in un fosso nel tratto di strada del deserto Cairo-Alessandria, alla periferia del Cairo. Il corpo di Giulio è nudo ed è stato anche atrocemente mutilato. Si contano più di due dozzine di fratture ossee, tra cui sette costole rotte, tutte le dita di mani e piedi. Così come gambe, braccia e scapole, oltre a cinque denti rotti. E ancora: coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi.

Sono numerosi i tagli su tutto il corpo, probabilmente causati con uno strumento simile ad un rasoio. Sul corpo anche bruciature di sigarette, e sulle scapole (una bruciatura più grande con incisioni simili a delle lettere). Dall'esame autoptico è emersa un'emorragia cerebrale e una vertebra cervicale fratturata a seguito di un colpo al collo che ne avrebbe causato la morte.

Il contesto e la rivoluzione egiziana del 2011

Quando Giulio Regeni viene rapito è il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste in piazza Tahrir. Nota come rivoluzione del Nilo, è un vasto movimento di protesta da parte dei civili, contestazioni e insurrezioni, che si sono susseguite a partire dal 25 gennaio del 2011. A spingere il popolo egiziano a ribellarsi è stato il desiderio di rinnovamento politico e sociale contro il regime trentennale del presidente Hosni Mubarak.

Sono stati numerosi gli scontri che hanno provocato molte vittime tra manifestanti, poliziotti e militari. Tutto ha inizio intorno al 17 gennaio, quando al Cairo un uomo si dà fuoco, come era avvenuto in Tunisia al venditore ambulante e attivista tunisino Mohamed Bouazizi, simbolo della contestazione tunisina.

Poi il 20 gennaio due operai si danno fuoco per protestare contro il trasferimento forzoso. Si arriva così al 25 gennaio: sono 25mila i manifestanti che scendono in piazza, nella capitale, che chiedono riforme politiche e sociali sulla scia della "rivoluzione del gelsomino" avvenuta in Tunisia. Da qui la manifestazione si trasforma in scontri con le forze dell'ordine: si registreranno quattro vittime, tra cui anche un poliziotto.

Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo: il dolore della famiglia Regeni è il dolore di tutta l'Italia. (Matteo Renzi)

Giulio Regeni e i depistaggi

Oltre ai depistaggi delle autorità egiziane, la scarsa collaborazione delle autorità del Cairo con gli inquirenti italiani ha avuto come conseguenza il ritiro dell'ambasciatore italiano Maurizio Massari, rientrato in Italia per consultazioni con la Farnesina. A deciderlo è il ministro degli esteri Angelino Alfano, dopo il fallimento dell'incontro tra gli inquirenti egiziani e la procura di Roma sull'assassinio di Giulio Regeni.

A sostituirlo è l'ambasciatore Cantini, che assume l'incarico il 14 settembre 2017, lo stesso giorno in cui anche il nuovo ambasciatore egiziano si insedia a Roma. I servizi di sicurezza del governo di ʿAbd al-Fattāḥ al-Sīsī, e lo stesso governo egiziano, sono sospettati di avere un ruolo chiave nell'omicidio del giovane ricercatore italiano. Da quanto è emerso, la polizia del Cairo aveva già svolto indagini sul ricercatore nei giorni 7, 8 e 9 gennaio su esposto del Capo del sindacato dei venditori ambulanti.

La versione fornita dall'agenzia stampa Reuters

Secondo quanto riferisce l'agenzia il 26 aprile 2016, quindi tre mesi dopo l'omicidio del ragazzo, Giulio Regeni viene fermato dalla polizia il giorno stesso della sua scomparsa, il 25 gennaio 2016. Tale ipotesi già era apparsa dalle colonne del New York Times. Poi rilanciata da tre funzionari dell'intelligence e da tre della polizia egiziana a Reuters, consegnando anche un dettaglio inedito. La stessa sera le forze dell'ordine avevano consegnano il ricercatore italiano ai servizi segreti "Al-Amn al-Watani" ("Sicurezza interna"), che avrebbero portato Regeni in un compound.

Si tratta di una versione differente da quella fornita dalle autorità del Cairo che appunto smentirebbe quella ufficiale. Secondo quest'ultima Giulio non venne mai preso in custodia prima di essere ritrovato cadavere il 3 febbraio.

Le rivelazioni

Intanto le rivelazioni della Reuters vengono immediatamente smentite dal ministero dell'Interno egiziano. Lo riporta il sito del quotidiano egiziano Youm7. Da qui le dichiarazioni della fonte interna al ministero che dichiara:

«la polizia non ha arrestato Regeni né l'ha detenuto in alcun posto di polizia e tutto quello che viene ripetuto a questo proposito sono solo voci che mirano a nuocere agli apparati di sicurezza in Egitto e a indebolire le istituzioni dello Stato».

E poi, sempre lo stesso sito scrive:

«La fonte ha aggiunto che non c'era ragione di torturare un giovane straniero che studia in Egitto e che il ruolo della polizia è di proteggere e non torturare». E ancora il sito aggiunge: «Mohamed Ibrahim, un responsabile del dipartimento Media della Sicurezza nazionale, ha detto che non c'è stato alcun rapporto fra Regeni e la polizia o il ministero dell'Interno o la sicurezza nazionale e che Regeni non è mai stato detenuto in alcun posto di polizia o presso la Sicurezza nazionale». C'è fretta di depistare, di nascondere la verità. Così anche l'intelligence del Cairo si affretta a smontare la nuova versione.

La figlia del capo dei rapinatori

Intanto mentre le autorità egiziane hanno sempre negato qualsiasi loro coinvolgimento nella morte di Regeni, poco prima del ritrovamento del suo cadavere, la polizia ipotizza che il ragazzo sia stato vittima di un incidente d'auto. Poi, alcune settimane dopo, arriva l'altra ipotesi: poteva essere stato ucciso da una gang criminale poi sterminata dalla polizia.

Mentre la figlia del capo della banda di rapinatori, Rasha Tarek, in possesso dei documenti di Regeni attacca la polizia con queste accuse: hanno ucciso a sangue freddo il padre, il marito e il fratello per far credere che fossero i torturatori e i killer del giovane ricercatore friulano.

Parole che contrastano, ancora una volta, con quanto dichiarato dalle autorità del Cairo. Secondo le autorità egiziane la banda venne uccisa durante uno "scontro a fuoco" avvenuto il 24 marzo 2016. In esso le forze dell'ordine avrebbero subito solo alcuni danni alle vetture.

Intanto nel dicembre del 2016 viene accertato che Mohamed Abdallah, leader del sindacato degli ambulanti oggetto della ricerca ed incontrato per la prima volta da Giulio Regeni il 13 ottobre 2015, denuncia il ricercatore italiano alla polizia di Gyza il 6 gennaio. Lo segue fino al 22 gennaio, cioè tre giorni prima della scomparsa di Giulio, comunicando alla polizia tutti gli spostamenti.

La campagna di Amnesty International Italia

A partire dal 24 febbraio 2016 Amnesty International Italia ha lanciato la campagna Verità per Giulio Regeni (in inglese: Truth about Giulio Regeni), lanciando anche una petizione sul portale Change.org a cui hanno aderito più di 100.000 sostenitori. Segue, il 10 marzo 2016, approvazione da parte del Parlamento europeo di Strasburgo una proposta di risoluzione che condanna la tortura e l'uccisione di Giulio Regeni e le continue violazioni dei diritti umani del governo di al-Sisi in Egitto. Una risoluzione approvata con ampia maggioranza.

Primo anniversario della morte di Giulio Regeni

È il 26 gennaio 2017 e dopo 12 mesi di ricerca della verità sull'uccisione del giovane ricercatore italiano, mentre si svolge la manifestazione nazionale a Roma, si pensa agli ultimi sviluppi che vedono protagonista Mohamed Abdallah il capo del sindacato degli ambulanti del Cairo, le sue interviste e le sue riprese di nascosto. Tutti elementi che indicano un coinvolgimento dell'apparato dei servizi di sicurezza egiziani che non può più dirsi estraneo alla terribile e atroce fine di Giulio.

L'Instant book: "Giulio Regeni. Le verità ignorate" di Lorenzo Declich

L'instant book scritto dall'esperto di Islàm Lorenzo Declich, e pubblicato da Alegre, ripercorre la tragica vicenda di Giulio Regeni e cerca di smontare i complottismi che hanno caratterizzato la copertura mediatica del caso Regeni da parte della stampa italiana e dei rapporti commerciali tra il nostro Paese e il regime di El Sisi (il presidente egiziano). Racconta, oltre ai depistaggi delle autorità egiziane, le ricostruzioni fantasiose sull'attività del ricercatore di Fiumicello nella capitale egiziana.

All'inizio del 2020 i genitori Paola Deffendi e Claudio Regeni, con l'aiuto dell'avvocato Alessandra Ballerini, scrivono e pubblicano il libro "Giulio fa cose", che narra la storia della loro famiglia nonché della vicenda, dal loro punto di vista.

https://biografieonline.it/foto-giulio-regeni#foto-giulio-regeni-5

 

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