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martedì 6 giugno 2017

Lo Sapevate Che: Fumare cannabis in nome della legge...



Mi Sono Imbattuto in questa riflessione di George Orwell: “La legge di per sé non è protezione. I governi fanno le leggi, ma che vengano o meno messe in pratica dipende dal clima generale del Paese. Se gran parte delle persone è interessata alla libertà di parola, allora ci sarà libertà di parola anche se la legge la proibisce. Se l’opinione pubblica è inerte, le minoranze scomode verranno perseguitate anche se esistono leggi per proteggerle”. Che rapporto c’è tra le leggi di un Paese e la direzione che la società in quel Paese prende? Ho sempre immaginato un rapporto osmotico, di reciproco condizionamento. Se non esiste una legge sull’omofobia, per esempio, ma il Paese è in grado di provare empatia e riconoscere l’altro da sé come ricchezza, allora non ci sarà bisogno di alcuna legge. Tutto sta, spesso, a intendersi sul significato originario della parola “diverso”. Diverso significa “volto dall’altra parte”, mal sopporta chi non è volto verso di sé, hi guarda altrove e capita che ci sia presa in giro, insulto, violenza. Se Ci Fossero Leggi cambierebbe qualcosa? Ecco, su questo rifletto e mi rispondo di sì, probabilmente qualcosa potrebbe cambiare. Penso alle leggi che non ci sono, a quelle che hanno tardato ad arrivare e ci penso perché le leggi soprattutto quelle più controverse, generano e alimentano dibattito. Penso alla legge sulle unioni civili, alle polemiche sulla stepchild adoption (poi stralciata dal testo), ma penso anche a una legge che regolamenti la legalizzazione della cannabis, e al dibattito pressoché assente nel nostro Paese su questo tema. Una Legge auspicata da operatori del diritto, da chi oggi ogni giorno affronta il disagio e combatte la criminalità organizzata. Una legge che, a differenza di quanto superficialmente si potrebbe pensare, non porterà all’aumento del consumo di cannabis ma eliminerebbe quegli ostacoli che oggi ne impediscono un corretto e adeguato uso terapeutico. I consumatori non aumenterebbero perché i dati ci dicono chiaramente che, nonostante sia illegale, in Italia fa uso di cannabis chi vuole farne, ovviamente alimentando un mercato che è totalmente gestito dalle organizzazioni criminali. Potrebbero sembrare argomenti distanti, ma mi capita di associare il concetto di diversità alla legalizzazione della cannabis. Sei diverso da me perché fumi cannabis, ho fallito come genitore perché mio figlio fuma cannabis, ho deluso la mia famiglia perché fumo cannabis. E allora c’è il sottoinsieme che comprende chi fuma, quello che stigmatizza chi fuma, quello dei genitori che si sentono falliti e che temono il giudizio della società e quello dei figli che si sentono una delusione e temono il giudizio dei genitori. Cosa accadrebbe, se la cannabis fosse legale, al modo in cui oggi pensiamo al consumo? L modo in cui siamo obbligati a parlarne dal momento che è un mercato gestito dalle organizzazioni criminali? Una riflessione, non disgiunta da un certo dolore, abbiamo dovuto farla tutti quando lo scorso febbraio si è suicidato il sedicenne di Lavagna trovato in possesso dalla Guardia di Finanza di 10 grammi di hashish. La mia personale riflessione è partita da qui: se il consumo di droghe leggere, nel nostro Paese, fosse stato in quel momento avulso da considerazioni di tipo morale che portano poi anche a giudizi, talvolta inclementi, sul ruolo del genitore che non riesce a impedire e al figlio che delude, forse una scoperta frequente, come quella di un adolescente che fuma spinelli, avrebbe avuto un epilogo diverso. La prima obiezione che io stesso faccio al mio ragionamento è questa: il ragazzo di Lavagna era minorenne e mai e poi mai si potrà legalizzare l’uso di droghe anche leggere per i minorenni. Vero, ma un dibattito serio è d’aiuto anche e soprattutto ai minorenni, è un primo fondamentale passo per creare consapevolezza dei rischi e rendere edotti sulle modalità di assunzione. A un anno dalla scomparsa di Marco Pannella, mi torna alla mente una sua celebre frase, una frase che dovrebbe essere scritta ovunque, nelle scuole, nei tribunali, in ogni casa, su ogni muro. Una frase su cui tutti dovremmo riflettere: “ <se tu vuoi vietare l’esercizio di una facoltà umana che per qualsiasi motivo è praticata a livello di massa, tu fallirai e sarai costretto all’illusione autoritaria del potere che colpisce il “colpevole” e lo colpisce a morte”.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 28 maggio 2017 -

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