Gli Italiani hanno il mal di pancia da crisi.
E non è un modo di dire. E’ la sindrome
Da spread. Un disturbo fisico reale con una sua sintomatologia precisa. Indagini recenti restituiscono l’immagine di un Paese sempre più ossessionato dalla crisi. E incline a somatizzare le proprie insicurezze. Se tre quarti dei nostri connazionali teme il collasso dell’euro come l’apocalisse, più di un quarto accusa una serie di acciacchi. Astenia, insonnia, affaticamento, inappetenza, irritazione, bruciori, fitte, dolori vari. A parte l’intramontabile cefalea, che è da sempre il sensore di qualunque stato di crisi: fisica, emotiva, sociale, familiare, sentimentale.
Da quando, un anno fa, la parola spread è entrata a gamba tesa nel nostro vocabolario e ci viene scagliata addosso ogni giorno come una fatwa, le angosce da marasma economico, le minacce al welfare, la sensazione di non avere futuro si sono cronicizzate. E hanno finito per creare una nuova malattia.
Il rimedio? E’ quasi un placebo. Respirare profondamente e rendersi conto che la storia ha dei cicli. Che i nostri genitori e nonni ne hanno viste di peggio e ce l’hanno fatta comunque. E che riuscivano a esser felici anche nelle situazioni più nere. Forse perché avevano un feroce attaccamento alla vita, senza se e senza ma.
Insomma la conoscenza come antidoto. E come eccipiente un’iniezione di fiducia. Vale a dire una spending review delle emozioni.
Marino Niola – Venerdì di Repubblica – 10-8-12
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