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giovedì 23 agosto 2018

Lo Sapevate Che: Estate a Paestum con il filosofo...


A casa di mia madre avevo una camera che condividevo con mio fratello. Negli anni di università era diventata, come accade a chiunque vada a studiare fuori, una sorta di tana in cui custodivo ciò che per motivi di spazio e praticità non potevo portare con me. Essendo figlio degli anni Ottanta, nella mia vecchia camera c’era una quantità incredibile di fotografie. Foto di ogni forma e stampate su ogni tipo di carta. Anche i colori variavano a seconda di quando erano state scattate e sviluppate, e del tipo di rullino e di macchina fotografica utilizzati. Foto opache, altre ruvide, altre ancora quadrate. Ci sono poi le polaroid, regalo di Natale di qualche amico, quelle specialmente sono diventate di un colore strano, come se fossero state immerse nel latte per qualche tempo e più di altre danno il senso del trascorrere degli anni. Ora la mia camera non esiste più – ordinarie rivoluzioni hanno portato la mia famiglia lontano dai nostri luoghi d’origine – e tutto quello che vi custodivo, in mia assenza, ha cambiato dimora. Le mie cose più preziose sono conservate in scatoloni che piano piano, negli anni, ispeziono. Ma i progressi che faccio nella scoperta del loro contenuto sono esegui perché ogni volta passo ore a selezionare foto, a guardarle, a ricordare quando sono state scattate, da chi e dove. E così accade che ripercorrendo le tappe della mia vita è come se vivessi decine di altre vite. Quelle foto vecchie, ingiallite, sbiadite, mi ricordano non solo come eravamo tutti, le nostre vecchie abitudini, quegli strumenti ora estinti. Mi capita tra le mani l’immagine di un bimbo biondo e paffuto, goffamente appoggiato a una colonna imponente e, come miccia, innesca ricordi. Dalla nascita sin alla mia prima morte, ogni esatte l’ho trascorsa accanto alla pietra greca di Paestum. In questa foto ho la piccola mano poggiata sulla colonna di un tempio. Non riesco a capire quale. Cerere il tempio che ho più amato? Poseidone quello verso cui mi avvicinavo circospetto, considerandolo il severo grande padre? La Basilica che attraversavo correndo? Ora ripescando questa foto degli anni ’80 mi è salita una nostalgia. Ho gli occhi chiusi come in molte foto da bambino: “Tienili chiusi e quando ti dico aprili, sgranali!”. E ovviamente non eravamo mai in sincronia. Vorrei tornare tra i templi, tra quel tesoro tanto antico venuto alla luce, in tutta la sua magnificenza e complessità, solo a partire dal secondo dopoguerra. Ma da quando la mia vita è cambiata, ho smesso di trascorrere il mio tempo e così, ogni estate, mi assale la nostalgia. Sono abbastanza convinto che il morire non accada una sola volta. La prima morte ha interrotto tutto ciò che ero, ha spezzato quelle abitudini che quando le hai ti sembrano valere poco, ma quando le perdi le riscopri pietre angolari, coordinate che ti lasciano senza equilibrio e alla ricerca di un nuovo baricentro. E le pietre della antica Poseidonia sono state a lungo le mie pietre angolari. Sono convinto che queste pietre abbiano contribuito come lievito a farmi appassionare all’uomo, alla sua storia – alla nostra storia – alle sue rivoluzioni, alle vittorie, alle sconfitte, ai suoi fasti e all’inevitabile declino. Siete mai stati Paestum? a Nessuna esperienza è paragonabile: si è travolti dalla potenza della ragione greca, dalla grazia delle sue pitture. La tomba del tuffatore, che ho conosciuto da bambino, quando ancora era possibile per me dare alla morte un significato diverso dalla semplice fine di ogni cosa terrena, l’ho sempre immaginata come l’augurio di un cambiamento, un passaggio dall’esito incerto. Ed è come se quel tuffo abbia segnato la mia vita: un passaggio in vita e l’inizio ad altra vita. La fine di una vita e l’inizio di una nuova avventura del tutto inattesa. Devo a Paestum molto, devo molto al suo vivere secondo regola, regola di un filosofo che probabilmente, tra questi templi, passeggiava essendo dea vicina Elea, Magna Grecia, oggi Ascea. Parmenide, l’unico “italiano” ad aver conosciuto e parlato con Socrate. È a Paestum che ho appreso come vivere secondo la sua regola, “sempre guardando verso i raggi del sole”.
Roberto Saviano – L’antitaliano – L’Espresso – 19 agosto 2018 -

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