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sabato 4 agosto 2018

Lo Sapevate Che: E se De André l'Amor profano l'avesse preso da Tiziano?...


“Con la Vergine in prima fila e Bocca di Rosa poco lontano/ si porta a spasso per il paese l’amor sacro e l’amor profano”. Ho sempre pensato che Fabrizio De André, scrivendo i versi finali di Bocca di rosa, il su capolavorodel1967, avesse in mente il celeberrimo quadro di Tiziano della Galleria Borghese. Se è così, il “paese non è solo quello ligure di Sant’Ilario di cui narra De André, ma è anche il paesaggio meraviglioso, lo struggente brano di Italia, in cui Tiziano fa sedere le sue due donne misteriose. Il titolo, ormai consacrato di Amor sacro e amor profano deriva da una lettura allegorica attestata almeno dal tardo Seicento, che non si discosta poi troppo da quello che è probabilmente il senso originario del quadro. Tiziano lo dipinse quando aveva circa venticinque anni, e uno stemma sul sarcofago ha permesso di sapere che il committente fu il notabile veneziano Niccolò Aurelio, che nel 1514 si sposò con Laura Bargarotto. E il quadro è una sorta di meditazione vsiva sul matrimonio: la donna seduta alla nostra sinistra è vestita come una sposa (l’abito bianco, le maniche una rossa e una bianca, la corona di mirto). Mentre l’altra, tutta nuda, indica il cielo e ha un gran manto rosso e solo un piccolo panno bianco a coprirle l’inguine. Le due Veneri di cui parla tutta la tradizione che, nel Rinascimento, legge e rilegge Platone. L’inversione dei colori e l’estrema somiglianza dei volti aiuta a comprendere che si tratta delle due estremità di un’unica forza: quella dell’Amore. Da una parte l’amore coniugale, costruttivo, ordinato, legato al mondo di quaggiù (la donna vestita), dall’altra l’amore come forza primordiale che lega la terra al cielo e governa ogni cosa con la passione, ma anche con la nuda purezza dell’idea: profano dunque il primo, sacro il secondo. Due forme di amore che non si possono e non si debbono separare: ma semmai mescolare con sapienza, come fa il Cupido che appunto è impegnatissimo a mischiare le acque della fontana. Un amore da dominare, certo: perché è sfrenato come il cavallo che un Tiziano olimpico dipinge nel fregio del sarcofago antico riusato come fonte. Un brano strepitoso: il più ispirato commento ai cavalli fidiaci del fregio del Partenone. Un sarcofago, sì, perché “forte come la Morte e L’Amore”. E una vita consacrata all’amore, tra un’alba e un tramonto da togliere il fiato, nel giardino più bello del mondo.
Tomaso Montanari – Cultura – Ora d’Arte – Il Venerdì di La Repubblica – 27 luglio 2018 -

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