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mercoledì 23 marzo 2016

Lo Sapevate Che: Che nostalgia di quando si votava, adesso hanno stufato anche le primarie...



“Tu per chi voti?” chiedevo con candida insolenza agli adulti allorché, minorenne, non vedevo lora di poter fare la cosa che più di tutte mi avrebbe fatto sentire davvero un ometto: votare (e votare PCI, giacchè l’anagrafe mi avrebbe  dato questa possibilità). Vorare, un tempo, nonostante le crisi di governo ci fossero anche con la Prima Repubblica, non era una cosa frequente. Le campagne elettorali avevano un inizio e una fine percepiti, venivano vissute più per le strade che davanti alla tv, e quando toccava alla tv, c’era il rito delle tribune politiche al posto della quotidianità dei talk show. Altri tempi, roba di un tempo in cui comunque tanta era la vicinanza di idee e passione tra rappresentanti e rappresentati che “partecipare” alla vita politica era un dovere, un onore, spesso, incredibile ma vero, addirittura un piacere. Inutile rifare la storia d’Italia e del mondo per spiegare i tanti perché del progressivo sfilacciamento di quel rapporto fiduciario e identitario tra elettori e partiti. Fatto sta che a un certo punto, a sinistra, si è pensato di risolvere il problema con le “primarie”. Fu un’idea tanto meritoria da riportare milioni di persone a pensare di tornare a decidere qualcosa scegliendosi il leader tra le opzioni date da un Partito sempre meno solido e personalismi vari sempre più privi di senso di ridicolo. Il “popolo de gazebo” fu chiamato a risolvere i problemi decisionali e l’assenza di visione dei propri rappresentanti attraverso uno strumento talmente delicato, permeabile dall’esterno e declinabile alle esigenze di questo o quello da non avere, ancora oggi, a undici anni dalle primarie di Prodi, regole certe e consolidate per il suo utilizzo. La partita elettorale di un tempo, a momento nobile e atteso di confronto con il diverso da sé, mutò progressivamente  in allenamento sfiancante utile soprattutto a regolare beghe interne di corrente, fino allo scontro finale tra “ditta” e “rottamatori”. “Eh, ma queste sono primarie vere, non come le ultime che erano già decise a tavolino”, hanno detto negli anni i candidati a chi, ingenuamente, pensava fossero vere anche le precedenti. Il capolavoro finale di spiegare il dimezzamento dell’elettorato dalle primarie romane di questi giorni insultando gli astenuti (“mafia capitale”, “capibastone” e “rom” sono le parole associate da Orfini al 50 per cento mancante) è solo l’ultimo atto di uno strumento che ha rapidamente fatto il suo tempo. Tanto sovrano, comodo e auto assolutorio è stato considerato dalle leadership di sinistra il volere  del sempre più disorientato “popolo dei gazebo”, da togliere a quelle leadership ogni autorevolezza.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica  - 18 marzo 2016 -

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