Storia
Il giorno in cui fu rapita Monna Lisa
Il 21 agosto 1911 Vincenzo Peruggia, decoratore italiano emigrato in
Francia, rubò dal Louvre la Gioconda. Anni dopo la tirò fuori da sotto il
letto, dicendo: “L’ho rubata per l’Italia”. Ma chi era davvero il ladro di
Monna Lisa?
Piuttosto basso, sanguigno, eccelso suonatore di mandolino. Vincenzo
Peruggia, ventinovenne stuccatore e decoratore originario di Dumenza, in
provincia di Varese, risponde a parecchi degli stereotipi sugli immigrati.
La mattina di lunedì 21 agosto 1911 sta entrando al Louvre. Nulla di
strano, se non fosse che il lunedì è il giorno di chiusura del museo. Infatti,
non passa dall’ingresso principale, ma da quello utilizzato da dipendenti e
operai: Peruggia lo conosce per averlo già varcato diverse volte, l’ultima
delle quali in luglio, quando lavorava per il vetraio Gobier, incaricato di
proteggere con lastre di vetro le opere d’arte più importanti.
Vengo e ti porto via. Il direttore del Louvre, Théophile Homolle, è più preoccupato di
cautelarsi dai ripetuti atti di vandalismo ai danni dei quadri che dai furti,
che pure non mancano, e Peruggia può tranquillamente avviarsi verso il Salon
Carré, entrare, staccare un quadro e andarsene senza destare sospetti. Quel
quadro è nientemeno che la Monna Lisa, o Gioconda che dir si voglia. Peruggia
si dirige verso una scala secondaria, smonta il vetro protettivo e la cornice
con la disinvoltura di chi ha eseguito tante volte l’operazione opposta, si
toglie la giacca, la avvolge attorno alla tavola dipinta, mette il fagotto
sotto il braccio ed esce in strada. Quindi lascia il tutto nel proprio
appartamento e si presenta al lavoro alle 9, adducendo come scusa per il
proprio ritardo una presunta sbronza della domenica.
Il giorno seguente, il 22 agosto, il primo ad accorgersi che tra il
Matrimonio mistico di Santa Caterina del Correggio e l’Allegoria coniugale del
Tiziano c’è uno spazio vuoto con quattro chiodi è un artista, tale Louis
Béroud, entrato nel Salon Carré di buon’ora per dipingere una copia del
capolavoro di Leonardo. Eppure ci vuole tutta la mattina per accertare che il quadro è stato
rubato e non, magari, trasferito al laboratorio fotografico, avvertire il
direttore in vacanza e far accorrere la polizia. Sessanta gendarmi si occupano
di perquisire e far uscire tutti i visitatori per poi battere palmo a palmo il
museo, che rimarrà chiuso per un’intera settimana.
Per la verità,
un asso nella manica la Sûreté ce l’ha: sulla cornice abbandonata al museo c’è
un’impronta che potrebbe appartenere all’autore del furto. Ma il confronto con
quelle dei 257 impiegati del Louvre in quel momento non dà risultati. E qui
Peruggia può ringraziare la sua buona sorte e i sistemi a disposizione della
polizia allora. Quest’ultima aveva infatti archivi all’avanguardia grazie al
lavoro di Alphonse Bertillon, ideatore delle moderne tecniche di schedatura dei
criminali, ma non così potenti da trovare le impronte digitali dell’italiano.
https://www.focus.it/cultura/storia/gioconda-monna-lisa-furto
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