Poco prima la stazione radar ha captato tre velivoli americani entrati nello
spazio aereo giapponese. Un numero ritenuto esiguo dalle autorità militari, che
decidono di non dare l'allarme aereo. Alle 8.15 circa il bombardiere B-29
Superfortress, ribattezzato Enola Gay (dal nome della
madre) dal pilota Paul Tibbets, sgancia Little Boy nome in
codice della bomba nucleare all'uranio.
Quarantatré secondi dopo, a meno di 600 metri dal suolo, l'ordigno esplode
provocando un lampo di luce accecante e un enorme fragore (i giapponesi lo
ricordano con l'espressione pika-don, ossia
"luce-tuono"). Una potenza esplosiva pari a 13mila tonnellate di
tritolo, che in pochi istanti annienta 68mila vite umane e ne
ferisce mortalmente circa 76mila. Di alcuni corpi rimane soltanto l'ombra
impressa sulle pareti; altri finiscono bruciati, martoriati dalla pioggia
radioattiva o sepolti dalle macerie dei 70mila edifici distrutti (il 90% del
totale).
È il tragico bollettino del primo bombardamento atomico della storia cui, 3
giorni dopo, seguirà quello su Nagasaki. Un'apocalisse che proseguirà con
gli hibakusha, i sopravvissuti, il 20% dei quali rimarrà affetto
da avvelenamento da radiazioni e da necrosi, portando il
numero delle vittime a più di 200mila (solo per Hiroshima).
Le autorità giapponesi non si accorgono subito di quanto è accaduto (anche a
causa del black out dei collegamenti radio) e solo dopo un volo di ricognizione
sulla città si prende coscienza del disastro: un silenzio cupo regna su
Hiroshima completamente rasa al suolo e avvolta dalle fiamme.
La tesi dell'attacco atomico come unica opzione possibile, per non
sacrificare ulteriori vite umane in una complicata operazione militare,
sostenuta per anni dagli USA sarà smentita da documenti emersi successivamente.
Tra questi, il telegramma inviato da Tokio da un diplomatico tedesco -
intercettato dai servizi segreti americani ma tenuto segreto - in cui si
parlava di «situazione disperata» e della volontà delle forze
armate giapponesi di arrendersi anche a condizioni dure.
Ciò sembra suffragare un'altra tesi, secondo cui la decisione di utilizzare
l'atomica è stata dettata da ragioni politiche, tese a dimostrare la forza
bellica degli Stati Uniti agli occhi degli, allora, "alleati"
sovietici. Contro l'orrore delle bombe atomiche si pronunceranno scienziati di
fama mondiale, su tutti Albert Einstein che insieme al
filosofo Bertrand Russel presenterà a Londra, nel 1955, un manifesto introdotto
dalla celebre frase «Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il
resto».
https://www.mondi.it/almanacco/voce/14063
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