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mercoledì 18 gennaio 2017

Lo Sapevate Che: Signora mia, non ci sono più i saldi di una volta...



Roma. Da una parte c’è il luogo fisico: la cassa, dove bisogna materialmente esserci. Dall’altra c’è il web dove basta un clic. Poi ci sono le giornate ad hoc: come il Black Friday e il Cyber Monday, E infine una domanda che unisce il tutto: ha ancora senso parlare di saldi di fine stagione? La domanda se la sono posta sia le associazioni dei consumatori che quelle dei commercianti. I primi non hanno dubbi: i saldi di gennaio (e quelli estivi di luglio) sono ormai una farsa, tanto vale liberalizzare gli sconti tutto l’anno. I secondi chiedono regole certe, in nome della trasparenza del mercato. Del resto sempre più italiani comprano in rete e spuntano sconti in media del 10-15 per cento a prescindere dal periodo. Trend per altro cresciuto visti i dati delle vendite e confermato da una recente ricerca dell’OsservatoreeCommerce B2C del Politecnico di Milano: gli acquisti online in Italia nel 2016 hanno raggiunto 19 miliardi 649 milioni di euro, il 18 per cento in più rispetto al 2015. E se Natale è stata una pedina strategica in questa maratona a doppia cifra, il Black Friday ha fatto da apripista a questo processo. Quest’anno le svendite invernali sono cominciate prima della Befana, tra il 2 e il 5 gennaio e proseguiranno fino a febbraio (in Calabria, Lazio e Liguria, Piemonte, Veneto e Provincia di Bolzano) e marzo (in tutte le altre regioni, eccetto la Campania che chiuderà la stagione degli sconti nientedimeno che ad aprile). Ognuno fa come gli pare? Sì, perché dal 1991 la durata dei saldi la decidono le Regioni. Ma le previsioni di vendita non sono rosee. Secondo l’associazione dei consumatori, Adoc, gli italiani spenderanno non più di 250 euro a famiglia e il grosso degli acquisti si concentrerà alla fine, quando gli sconti arriveranno fino al 50-60 per cento. Vede nero il Codacons, secondo cui ci sarà una concentrazione media delle vendite del 5 per cento, il budget previsto scenderà a non più di 175 euro a famiglia e meno di un cittadino su due (il 45 per cento) metterà mano ai portafogli per rinnovare il guardaroba. Più ottimisti i commercianti, come spiega Roberto Manzoni, presidente di Fismo, l’associazione del settore moda di Confesercenti: “Abbiamo stimato una spesa media di circa 330 euro a famiglia per un valore di oltre 4,9 miliardi di euro”. Una boccata d’ossigeno per un settore che – secondo i dati Confesercenti – non è ancora uscito dalla crisi: nel solo 2016 hanno cessato l’attività oltre 6 mila negozi indipendenti d’abbigliamento, tessili, calzature. Gli esercenti, dal canto loro, si dicono contrari alla politica del “sempre in sconto”: “Per chi ama l’abbigliamento in svendita di fine stagione sono meglio del Black Friday, perché non sono semplici promozioni isolate” continua Manzoni. “Inoltre bisogna distinguere tra strategie di marketing, spesso aggressive, per attirare clienti con piccoli sconti, a volte fasulli e i saldi. Questi ultimi sono più convenienti perché riguardano prodotti che noi definiamo di marcata stagionalità già in assorbimento nei negozi. Ma servono regole certe e controlli per bloccare i pre-saldi illegali”. Secondo l’Adoc, infatti circa il 20 per cento degli esercizi anticipa gli sconti, lanciando promozioni via sms o email ai propri clienti. Qualche consiglio per evitare brutte sorprese? Conservare lo scontrino perché i capi in svendita si possono sempre cambiare o restituire. Diffidare degli sconti superiori al 50 per cento, mai acquistare nei negozi che non espongono il cartellino che indica il pezzo iniziale e la percentuale di sconto applicato.
Monica Rubino – Economie – Il  Venerdì di Repubblica – 13 Gennaio 2017 -

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