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giovedì 23 marzo 2017

Lo Sapevate Che: La paura un sentimento umano. Solo umano...



Il cuore ha delle ragioni che la ragione conosce benissimo: sì, perché le emozioni non sono reazioni istintive che nascono nelle regioni più antiche del nostro cervello. Sono invece esperienze cognitive vere e proprie, che si formano – attraverso l’accumulo di informazioni – sotto l’occhio vigile della coscienza. Lo sostiene uno studio pubblicato su Pnas dal neuroscienziato americano Joseph LeDoux, docente alla New York University e autore di Ansia (Raffaello Cortina, 2016). “Oggi la maggior parte degli scienziati ritiene che emozioni come la paura provengano direttamente dal sistema limbico, quello che contiene le amigdale, non a caso indicate come “l’organo della paura”. Ma questa ipotesi è smentita da diverse evidenze sperimentali” spiega LeDoux. “Per esempio è stato provato che subire danni all’amigdala non ha alcun effetto sulla consapevolezza della paura. E si è anche visto che, se si presentano a una persona stimoli subliminali che suggeriscono una minaccia, il corpo attiva la risposta fisiologica alla paura (per esempio aumentando il battito cardiaco, o la sudorazione, ma la persona non dichiara di provare paura perché non ne ha l’esperienza conscia”. Di qui la necessità di spiegare in modo nuovo la natura cosciente delle emozioni. “La mia teoria è che, invece di avere nel cervello un sistema specifico per la gestione delle emozioni e un altro, del tutto separato, per gestire le esperienze cognitive, abbiamo un solo sistema che processa, tutte le esperienze” osserva LeDoux. “E quest’ultimo sistema è la nostra memoria di lavoro, ossia lo spazio temporaneo dove conserviamo ciò che stiamo pensando”. Tutto passa di lì: “Per i contenuti consci ma non emotivi, come quelli che assorbiamo leggendo un saggio, la memoria di lavoro riceve informazioni dalla corteccia visiva mentre i nostri occhi scorrono il testo, e queste vengono confrontate con i ricordi, in modo da poterne riconoscere il significato di quel che vediamo alla lce di quanto già fa parte della nostra memoria” spiega LeDoux. “Nelle situazioni emotive, invece, alla memoria di lavoro, oltre alle informazioni sensoriali – ad esempio l’immagine di un serpente che striscia nell’erba – e ai ricordi – che ce lo fanno identificare come “serpente” avvertendoci che è velenoso – arrivano i segnali generati dal sistema limbico. Questi segnali arrivano in modo diretto, o anche indirettamente, perché possono suscitare una reazione del corpo – la reazione fisiologica “combatti o fuggi” – e questa regalerà il pericolo alla memoria di lavoro”. Esiste poi un altro importante ingrediente della paura che, per LeDoux, dimostrerebbe come questa emozione non sia soltanto istintiva e innata: “Il senso del sé. Senza di questo, non possono esserci paura, né gioia, né amore né rabbia. Sei tu che sei spaventato o adirato: se non pensi che qualcosa stia minacciando proprio “te”, non puoi provare paura. Quindi sono coinvolte anche aree cerebrali cognitivamente evolute, come la corteccia prefrontale, dove custodiamo la nostra identità” sostiene il neuroscienziato. Supporre che di fronte a un pericolo il cervello umano e quello animale facciano le stesse cose, quindi, è un equivoco. “La scienza ancora oggi confonde la risposta fisiologica al pericolo con l’ansia e la paura” spiega LeDoux. “Tutti gli esseri viventi, perfino i batteri, sono in grado di percepire una minaccia e di rispondere prontamente. Ma questa non è paura o ansia. Si ha paura solo quando c’è un cervello conscio di sé stesso, che si rende conto del fatto che il corpo ha dato il via alla reazione fisiologica alle minacce e fa appello alla memoria per fare le scelte giuste. La paura è solo umana, ed è tutt’altro che innata: è conscia e cognitiva. Ecco perché per ansia e paura la terapia psicologica, studiata per l’uomo, batte i farmaci, realizzati con test sugli animali”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 17 marzo 2017 -

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