Etichette

lunedì 8 dicembre 2014

Lo Sapevate Che: Dalla Grande Guerra in poi il narcisismo al potere è sempre finito a Caporetto



Nelle celebrazioni del centenario della Grande Guerra sono rimasti un po’ in ombra i diari di guerra e prigionia di Carlo Emilio Gadda, che sono forse la più straordinaria testimonianza letteraria della prima guerra mondiale.
Non soltanto perché l’ingegner Gadda ha vissuto in prima persona l’intera tragedia, dall’entusiasmo interventista del principio fino alla catastrofe di Caporetto e poi all’umiliazione dei campi di prigionia in Germania, ma perché le riflessioni che l’autore ne ricava sulla natura degli italiani e del potere sono di bruciante attualità. Forse per questo sull’opera di Gadda cala da sempre una forma di censura mascherata. Se ne esalta la lingua letteraria, applicando anche qui categorie fuorvianti, come l’idea di barocco linguistico che rimanda a una volontà sperimentale e un compiacimento disdegnati dall’autore. La “derisoria violenza”, come scrive Arbasino, della lingua di Gadda deriva dalla pura necessità, è al totale servizio del contenuto. Ed è proprio sul contenuto incandescente dei giornali di guerra di Gadda che si tende a sorvolare, parlando d’altro. Nelle trincee, per Gadda, si fissa per sempre il rapporto fra italiani e potere, popolo e classi dirigenti. E’ la prima occasione vera in cui la patria immaginaria costruita con le lotte del Risorgimento prende corpo e diventa comunità. Sul fronte si mescolano culture e dialetti, liguri accanto a siciliani, emiliani e sardi, veneti, calabresi e lombardi. E’ un popolo ingenuo e ignorante mandato a un appuntamento fatale della storia mondiale con sciarpe di cartone e moschetti difettosi da un pugno di comandanti retorici e incapaci, narcisi e irresponsabili. Fin dalle prime pagine incombe il presentimento dell’inevitabile disfatta, che si materializzerà la notte del 24 ottobre 1917 a Caporetto. Una data che ha segnato per sempre la vita dell’autore. Ogni anno, racconta sempre Alberto Arbasino, all’avvicinarsi della data l’ingegner Gadda s’isolava dal mondo per rinchiudersi solo nel dolore del ricordo. Ma il suo lutto non è un fatto privato. Caporetto diventa un simbolo. Il destino di una patria incompiuta, l’esito finale di ogni avventura dei narcisi al potere, e come tale si ripeterà a intervalli regolari nella storia d’Italia, dall’8 settembre del ’43 a Tangentopoli alla svalutazione della lira e chissà domani, toccando ferro, al default del debito pubblico. I diari di guerra di Gadda sono il prodromo dell’Italia malata di fascismo perenne descritta in Eros e Priapo. Non per caso nel meraviglioso spettacolo gaddiano di Fabrizio Gif gli uni precedono l’altro, che ne consegue. Con un finto fiorentino cinquecentesco, Gadda ci parla ancora del qui e dell’oggi.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 5 dicembre 2014 -

Nessun commento:

Posta un commento