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lunedì 8 giugno 2015

Lo Sapevate Che: Dal Sud una minaccia per il Pd...



Qualunque Sia Il Risultato delle elezioni regionali, nel Pd cambierà la geografia del potere interno. Intendiamoci, a meno di rovesci clamorosi la leadership di Matteo Renzi non sarà intaccata. Con grande astuzia il segretario democrat ha già messo le mani avanti, così come fece alla vigilia delle elezioni europee. Come allora aveva detto di accontentarsi di un voto in più rispetto al risultato delle politiche, altrettanto oggi dichiara di essere soddisfatto di vincere in quattro regioni su sette: proprio il minimo sindacale. Abbassare le aspettative è sempre la strategia migliore per far apparire trionfale un risultato appena decente. Quindi, al di là di imprevedibili catastrofi, la peggiore delle quali sarebbe la vittoria del civatiano Luca Pastorino in Liguria, Renzi rimarrà ben saldo in sella. Tuttavia Alcune vittorie incideranno nei rapporti interni, producendo una maggiore autonomizzazione dal centro delle leadership regionali, in particolare al sud. Il disinteresse della nuova classe dirigente del Pd per l’organizzazione di partito lascia infatti un grande spazio vuoto in periferia. E qualcuno lo riempirà. Nelle regioni di maggior radicamento tradizionale il distanziamento già in atto tra il vertice nazionale e le strutture e il personale territoriali prende la forma del distacco e dell’astensione. E la vittoria di Podemos in Spagna può convincere gli scontenti che una alternativa esiste e, in attesa che si manifesti, spingerli ancora di più verso l’astensione. Di fronte a un tale scenario  i dirigenti locali saranno spinti ad attivarsi in prima persona assumendo un profilo sempre più politico. Non più buoni e silenti amministratori della cosa pubblica confinanti nelle loro sedi periferiche, bensì leader politici a tutto tondo pronti a irrompere sulla scena nazionale, come ha fatto a suo tempo Matteo Renzi sfruttando il trampolino di Palazzo Vecchio. Ma Fin Qui Si Tratta di una dinamica tutto sommato “fisiologica” e gestibile. E’ dalle regioni meridionali che può invece venire la scossa che modifica in profondità la geografia del potere democrat. Perché, nelle regioni del sud, il potere che presidenti di regione e sindaci concentrano nelle loro mani è molto più fitto e pervasivo: è fatto di rapporti personali ramificati – e quindi non ci si può stupire delle presenze politicamente anomale o eticamente dubbie – e di una gestione “diretta” delle risorse pubbliche. Il rapporto, antico, di lealtà che, nonostante le difficoltà, ancora lega i leader locali del centro-nord con il partito nazionale, nel mezzogiorno non esiste quasi. Da tempo, ognuno va per proprio conto. Al Di Là Del Caso Siciliano, anomalo per definizione, anche i candidati Pd nelle due regioni meridionali che vanno al voto, Puglia e Campania, fanno dell’assertività e dell’indipendenza la loro cifra personale identificativa. Sia Vincenzo De Luca (con il suo strascico di problemi giudiziari) che Michele Emiliano hanno già manifestato l’intenzione di usare il consenso ottenuto per pesare nelle decisioni nazionali. Non tanto per contrapporsi a Renzi, quanto per rivendicare spazi di libertà nella gestione delle loro amministrazioni. Questa autonomizzazione si fonda su una diversa concezione dei rapporti politici rispetto a quella che circola al centro-nord: su una concezione personalistica della politica. La saldatura tra due presidenti di grandi regioni, ai quali possono aggiungersi il calabrese Mario Oliverio e l’ondivago Rosario Crocetta, può condizionare ben più dei lamenti della sinistra interna, le scelte del Pd. E renderlo, con una torsione dell’imput renziano, più personalistico che personalizzato.
Piero Ignazi – Potere&poteri www.lespresso.it – 4 giugno 2015 -

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