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mercoledì 19 aprile 2017

Lo Sapevate Che: E adesso Zuckerberg affigge manifesti...



E Se La Politica Americana diventasse un incontro ravvicinato del terzo tipo tra “The Donald” e Mr. Facebook? Facendo un piccolo esercizio di fantapolitica – tutt’altro che irrealistico – la prossima corsa presidenziale potrebbe appunto configurarsi come uno scontro al vertice tra Donald Trump e Mark Zuckerberg. Ovvero un big match di pugilato politico tra il “cavallo pazzo” che ha fatto saltare tutti i pronostici (costringendo l’establishment del Partito repubblicano a designarlo) e uno dei grandi finanziatori della candidatura sconfitta del Partito democratico Hillary Clinton. E, dunque, la fine della politica come l’abbiamo conosciuta, e una gigantesca pietra sepolcrale sulla sua concezione come contrapposizione tra destra e sinistra (seppure nelle varianti molto peculiari e “deideologizzate” tipiche degli Stati Uniti). Nonché il viale del tramonto dell’ammaccato bipartitismo, perché i due partiti Usa finirebbero per perdere anche la loro (residuale) funzione primaria di comitati elettorali e macchine per la raccolta del consenso dei candidati alle cariche pubbliche. Recentemente, infatti, il patron del social network più popolare (e popoloso) del mondo (un continente smaterializzato che conta circa due miliardi di abitanti) ha pubblicato il torrenziale post di quasi 6mila parole Building Global community, che è un manifesto ideologico e un libretto “rosso delle potenzialità di emancipazione e delle capacità di affratellamento offerte della tecnologia e un inno a multiculturismo e bellezza della differenza. E che disegna il Villaggio globale secondo il “canone di Facebook”, vale a dire una immensa comunità più sicura e informata, ispirata da idee di inclusione e impegno civile. Un puro distillato di Californian ideology, ma orientato in senso liberal, con l’invito a ripensare gli elementi problematici della globalizzazione. Un post di Fb che cale una piattaforma politica ed esprime una visione all’antitesi del trumpismo. Non è detto che diventi anche un programma elettorale – e, come naturale, l0interessato nega recisamente – ma la suggestione è fortissima, e fa il paio con i viaggi dentro l’America per conoscere in prima persona il “popolo di Fb” che Zuckerberg ha intrapreso da qualche tempo. Il social network, parola del suo fondatore e presidente, cessa così di essere un canale neutro e neutrale e, dunque, se non è una “discesa in campo”, siamo senza ombra di dubbio in presenza di una “scelta di campo”. Un “campo neo-progressista”, dove il collante della solidarietà, base della storia delle sinistre, lascia il posto al legame debole della connessione (e della connettività), versione molto postmodernizzata della fraternità, che si contrappone orgogliosamente alla preoccupante marcia - anch’essa mondiale – dei populismi. Dunque, se la politica moderna è fatta di fratture, qui c’è un catalogo di quelle nuove, che stanno riscrivendo il nostro presente e il nostro futuro. La Silicon Vally contro il Midwest e una certa New York nella “versione di Donald”. La new economy high tech e digitale contro la old economy del mattone e del petrolio. Lo stile di vita openminded e vegan-chic delle metropoli vs. Il tradizionalismo e il junk food dell’America profonda di provincia. Gli ex nerd e smanettoni cresciuti e divenuti politicamente corretti vs. i rudi maverick anti-gender. Il giovane miliardario di centrosinistra vs. l’anziano miliardario di destra. In ogni caso, billion e multimilionari. E, quindi, bye bye partiti e politici di professione: l’avvenire della politica è decisamente salpato per altri lidi, tra privatizzazioni a vario titolo della sfera pubblica, personalizzazione spinta e comunicazione a tutto spiano.
Massimiliano Panarari - Opinioni – Donna di La Repubblica – 15 aprile 2017 -

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