“Ma Prince? Ti ho pensato” Se qualcuno
ti risponde così a un messaggio d’auguri, significa che quella leggera ma
fastidiosa e costante sensazione di vuoto, che da qualche giorno ti accompagna,
un senso profondo ce l’ha. E se da una parte analizzi ogni fisiologica
evoluzione delle passioni di tua figlia ormai tredicenne sulle tracce lasciate
dalla discutibile musica che questi tempi le stanno regalando (e che lei si sta
scegliendo), dall’altra quasi ti vergogni, con i 47 anni all’orizzonte, di
provare tutte le debolezze del fan gabbato dal destino. Prince è morto, e
venirlo a sapere in ufficio, con un computer come unico stereo a portata di
mano, è la combo più frustrante in
cui possa imbattersi un suo fan. Perché di Prince, online, a causa delle
paturnie di Prince, non si trova niente o quasi, e i suoi fan lo sanno. Quando
ero solito caricare video su Youtube, una volta midi come colonna sonora il suo
Batman. Gli algoritmi della Silicon Valley, istruiti dall’egoismo del Principe,
resero muta la traccia del mio video nel giro di poche ore. Quello che non
avrei perdonato a nessuno, a Prince lo concessi. Ma, per paradosso, fu proprio
grazie a Prince che mi appassionai nel redarne online un inno alla pirateria.
“La cosa inquietante è che una volta, leggendo “nuovo Prince”, io Kanye West me
lo sarei pure andato a comprare. Adesso, per fortuna, trovo i file online,
ascolto e cestino. Se mi piace, compro. Trattasi di legittima difesa”, scrivevo
infervorato nel 2005 a a margine di una recensione ingannatrice. Nel 2016, il
giorno dopo la sua morte, ho fatto la cosa che più di tutte mi rilassa e al
tempo stesso mi snerva: cercare tra i dischi accatastati per casa, individuare
un criterio ormai perso per sempre, toccare oggetti desueti. Di Prince ho
trovato 21 pepite: 5 Lp e 16 cd. Di un cd ho solo la custodia (il cd deve
essersi perso in uno di quegli oggetti immorali che sono le custodie di cd da
viaggio. Forse solo di Miles Davis ho più dischi in casa, ma non ne sono certo.
Miles Davis che, parlando di Prince, lo riteneva depositario del lascito di
James Brown, Marvin Gaye, Jimi Hendrix e Charlie Chaplin (e lo diceva serio,
misurando le parole come misurava le note). Miles Davis del quale, nonostante
fosse più anziano e sia morto prima di
Prince, sono riuscito a vedere un indimenticabile concerto tanti anni fa, al
Palaeur. Prince in concerto invece no, non l’ho mai visto. Era una delle cose
appuntate nell’agenda della vita che ognuno di noi ha: “Vedere un concerto di
Prince, prima o poi”. Non avere fretta di solito paga; ogni tanto
dolorosamente, frega.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica –
6 maggio 2016 -
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