Glads, che è la più giovane e quindi
la più allegra della compagnia, s’intristisce soltanto quando ricorda il figlio
perduto per una malattia carogna. Aveva 81 anni quando lo portò al cimitero, 81
anni il morto, non lei, che oggi ne ha 100. Insieme con altre tre ragazze della
stessa età, Bernice, Leona e Ruth, Gladys forma il quartetto delle uniche
centenarie di Washington , quattro donne di colore che nacquero nella capitale
quando i primi soldati americani dovevano ancora partire per la guerra. La
Grande Guerra. Raggiungere il secolo di vita non è in sé un evento
eccezionalissimo, essendoci negli Stati Uniti 55mila e 315 centenari, al
momento di scrivere questa pagina. Neppure lo è essere femmine, perché le donne
sono i due terzi di loro, altro che pari opportunità, signora mia.
L’eccezionalità sta nelle loro vite parallele, a pochi isolati le une dalle
altre, attraverso guerre, Grandi Depressioni, divorzi, lutti, matrimoni,
sommosse razziali, sparatorie e ondate di criminalità che hanno squassato,
distrutto e ora riassestato lo stesso quartiere dove loro nacquero e dove hanno
vissuto. Nella loro memoria, che andrebbe studiata per stabilire come si possa
campare un secolo senza rimbambirsi, è scritta molto più della storia di
quattro persone di Washington. (--). Leona, che è l’intellettuale del club e
infligge alle altre le sue opinioni sul mondo, divenne la prima ragazza di
colore a frequentare l’università a Washington e poi a trovare lavoro nel
governo, nello spionaggio. A chi le chiede che cosa facesse, risponde di essere
ancora vincolata dall’impegno di
segretezza e non risponde. Ricorda soltanto, con un sorrisetto ironico, che
doveva sedersi nei posti riservati ai “colored” sull’autobus che la portava a
lavorare per proteggere dai nemici una nazione che le vietava di prendere posto
tra i bianchi. Nessuna di loro serba odi né rancori, semmai ricordi luminosi
come quel giorno d’agosto del 1963 quando si ritrovarono tra la folla che
ascoltò Martin Luther King pronunciare il suo “Discorso del Sogno” e come
tornarono a casa camminando “con i piedi leggeri come quelli di una bambina”
dice Gladys. (..). Quando una giornalista del Washington Post ha chiesto a
Leona se lei, e le altre, credessero in Dio e fossero religiose, le girls hanno
riso piano, per non scuotere i loro fragili toraci. “Suvvia miss, le ha
risposto Leona, “se una arriva cent’anni e non crede in Dio, deve essere
proprio un’ingrata”.
Vittorio
Zucconi – Donna di Repubblica – 2 aprile 2016
Nessun commento:
Posta un commento