Cosa ci
saremmo aspettati sui diritti civili da un giovane Presidente del Consiglio
dinamico e spregiudicato? Che il suo impeto proclamatorio affrontasse, almeno
in teoria, le tante questioni che tuttora incombono su centinaia di migliaia di
cittadine e cittadini italiani. Negli otto mesi in cui Renzi ha guidato il
Paese, anche come leader della maggioranza parlamentare, non è riuscito a fare
neppure mezza promessa sui diritti individuali e sulle questioni etiche che
riguardano nascita, morte e sesso. Quante sono le donne che devono scontrarsi
ogni giorno con gli arcigni rifiuti alle interruzioni della gravidanza opposti
da medici e paramedici che obiettano non interruzioni morali ma per
opportunismi di carriera? Da decenni aspettiamo il riconoscimento delle coppie
di fatto, e ci dobbiamo ormai accontentare della buona volontà dei comuni per
certificare le convivenze omosessuali ed eterosessuali riconosciute in
tutt’Europa. Il divorzio breve, finalmente approdato in Parlamento, riserva
l’inganno della doppia procedura della separazione con inevitabile aggravamento
di spesa. La retrograda legge 40 sulla procreazione assistita, pur smantellata
dalla Corte Costituzionale, è difesa a oltranza dalla ridotta del ministro
Lorenzin per conto dello schieramento clericale, sicchè regioni come la Toscana
devono provvedere per attuare i legittimi diritti dei cittadini. Sul fine vita,
nonostante le sollecitazioni del Capo dello Stato, tutto tace. Di fronte
all’ondata dell’immigrazione nessuno osa affrontare la questione della
cittadinanza superando lo ius sanguinis di cui l’Italia ormai è quasi l’unica
depositaria. L’agnosticismo di Renzi per i diritti civili non è casuale. E’ il
portato dell’ipocrisia postdemocristiana che fa finta di affidare al Parlamento
quel che non ha il coraggio di affrontare, congiunta con l’indifferenza del
postcomunismo tradizionalista nei confronti delle libertà dei cittadini.
Massimo
Teodori – L’Espresso – 2 ottobre 2014
Nessun commento:
Posta un commento